“A volte arrivano anche le delusioni, ma questo non mi impedisce di sognare che i ragazzi si siedano intorno a un tavolo e ci dicano, valutando ciò che fanno, quanto vogliono guadagnare. E sogno anche una casa al mare per me e per i ragazzi. Sogno la possibilità di dare mutui ai miei ragazzi”.
Questa è una delle tante affermazioni, a volte al limite della sana provocazione, che contraddistinguono il pensiero di
Michil Costa, gestore assieme alla famiglia, dell’
Hotel La Perla e del Posta Marcucci a Bagno Vignoni (SI), fondatore del ristorante La Stüa de Michil, del portale altabadia.it, di Costa Family Foundation Onlus nata con lo scopo di proteggere e promuovere i diritti dei minori in tutto il mondo.
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Oltre i gesti Michil Costa era uno dei mistery guest e il suo intervento è stato uno dei più seguiti, proprio per i concetti forti che ha espresso.
“La vita è musica o è rumore?” esordisce Costa nel descrivere trent’anni di turismo e di parole vane come unico, autentico, “ma la cucina è, deve essere di più di show business. È, deve essere cultura”.
Il suo excursus attraversa il cambiamento dal viaggiare al non sapersi più accontentare della bellezza che ci circonda, anzi non la si apprezza più: siamo stati diseducati a questo.
“L’ospite non è un portafoglio, non si deve monetizzare tutto, dobbiamo cercare nuove soluzioni per un turismo sano: si deve amare l’ospite che ci consente di fare il mestiere più bello di questo mondo, devo volergli bene come ci insegna la grande storia dell’ospitalità italiana”.
Eppure sta venendo meno il collegamento tra chi abita i luoghi e chi ci viene in vacanza, sostituiti da mega-resort che riempiono le giornate fino a trasformare il tutto in porno-turismo, al quale Michil Costa dice un no forte e chiaro.
“Personalmente penso che meno infrastrutture non incidano sulla qualità che significa accontentarsi del giusto. Altrimenti finiamo come Madrid, che ha fatto una scelta che condivido: non fanno più camere perché sono stufi di un turismo invasivo”.
Non esistono scorciatoie per chi pratica l’ospitalità, esistono regole, semplici e chiare: la doccia deve funzionare, il letto deve essere comodo, la colazione abbondante e fresca.
“Bisogna essere radicali nel pensiero, si deve fare un giro dentro l’umanità se si vuole assolvere a questa professione, consentendo al fatto che tutti devono approfittare del nostro mestiere – continua Costa – Si deve aver rispetto dei nostri collaboratori, sono fondamentali per la nostra missione che recita così: creiamo benessere consapevolmente, dando valore alla persona, perché occuparsi dell’altro per noi è un piacere”.
Michil Costa presenta alcuni dei suoi collaboratori, descrivendone le qualità, le potenzialità e, soprattutto, ciò che nella sua azienda viene fatto per lo staff come il bilancio dell’economia comune.
“Significa che ci diamo dei punteggi a tutti, sulla base dei cinque valori olistici che abbiamo individuato: dignità dell’essere umano, solidarietà, ecosostenibilità, attività sociale, cogestione democratica e trasparente. Mettiamo tutto sulla stessa bilancia perché il bilancio sociale va di pari passo con il conto economico. I miei ragazzi hanno la possibilità di vedere tutto. Il sottoscritto, come i membri della mia famiglia, non ha diritto ai dividendi, abbiamo una buona paga e tutto il resto viene reinvestito”.
L’organigramma all’Hotel La perla è circolare, per dare ai talenti la giusta crescita “e io devo essere conoscitore di uomini, prima ancora che albergatore. Ci vuole continuo allenamento per dare il meglio di sé stessi”.
Per due giorni, a inizio stagione, tutti i ragazzi vengono formati e si spiegano le regole di un bon ton che non è solo forma, si insegna cosa c’è intorno a noi, i nomi di luoghi e montagne, si favorisce la cosa più importante: l’incontro tra le persone di sala e di cucina, perché devono conoscersi per collaborare. Mance trasparenti su un file condiviso, sondaggi anonimi sul lavoro, non esiste prendere soldi in nero. I ragazzi hanno accesso alla spa, sconti nei locali, viaggi con la nostra fondazione, rispetto verso i fornitori che devono essere locali.
“Le cose si possono cambiare, se si vogliono, in questo mondo. Dipende solo da noi, cominciando a credere nella diversità”.
Luigi Franchi