La presenza degli americani nel nostro Paese è in netta crescita. Secondo i dati di Federalberghi, la fazione più numerosa di turisti stranieri è rappresentata dagli americani, a seguire i visitatori asiatici, inglesi e tedeschi. Le proiezioni del periodo dopo Covid segnalano una vera e propria impennata per l’anno 2023 (staremo a vedere i dati relativi al 2024) ma è sufficiente fare appello alla propria memoria per convincersi che l’Italia è una destinazione turistica scelta da molti più statunitensi rispetto agli anni scorsi.
Penso, personalmente, oltre alle città d’arte e ai borghi storici, sempre traboccanti, ai sentieri escursionistici di montagna: non era mai capitato di imbattersi così frequentemente in accenti americani raggiungendo mete di carattere naturalistico.
Cosa comporta questa ‘ondata’ nel settore dell’ospitalità e in particolare nella ristorazione?
Proviamo a portarvi una riflessione, in presa diretta, da oltreoceano, da una figura che sta dando il suo contributo per la diffusione della cucina regionale e italiana, sulla stessa lunghezza d'onda di Paul Bartolotta.
Il pensiero di Eva Furletti
La prima osservazione da sottoporre agli addetti lavori, in merito all’incremento del pubblico americano in Italia, riguarderebbe, inevitabilmente, l’aumento dei prezzi. C’è un altro tema però, che merita di essere affrontato, specie per chi ha un locale o un ristorante e tutti i giorni si trova a congegnare menu e proposte: riguarda la percezione del palato degli americani.
Ne abbiamo parlato con Eva Furletti, chef trentina trapiantata dal 2022 a San Diego, la città più a sud della California, dove guida la cucina di un ristorante italiano, il ristorante Piazza 1909 a La Jolla, un quartiere delizioso che costeggia il Pacifico.
Eva nonostante la giovane età ha un curriculum ricco e globale: dopo essersi formata a Tione, la nota scuola alberghiera trentina, aver accumulato varie esperienze in alcuni ristoranti (anche stellati) italiani, è volata in Nuova Zelanda, a Wellington City, per lavorare in un’insegna di prestigio, prima di appassionarsi al mondo bakery. Nel 2019 si è trasferita a Vancouver, in Canada, per un altro impiego in cucina e un corso specializzante, quindi è approdata in California dove risiede da quattro anni.
È proprio dall’osservazione dei clienti del ristorante in cui lavora che ha tratto degli spunti importanti, potenzialmente utili a tutti coloro che pensano ancora agli americani come un popolo che non conosce, non sa apprezzare, e soprattutto storpia, la cucina italiana.
“Vedendo l’Italia dall’altra parte del mondo, e raccogliendo il feedback dei nostri clienti che rientrano dai viaggi nella Penisola, posso dire che mi è chiara una cosa: noi italiani sottovalutiamo molto la loro capacità di interpretare e apprezzare la nostra cucina. Oggi il palato degli americani, mediamente, è abituato a una cucina italiana realizzata da italiani trapiantati in America, non da italo-americani. O, ad ogni modo, sono abituati a frequentare attività imprenditoriali a cui fanno capo italiani. Vale lo stesso per le pizzerie. Lo si nota soprattutto negli stati costieri e nelle metropoli. Questo cosa significa? Che la qualità, la fedeltà ai prodotti e alle ricette italiane si è alzata visibilmente. Circolano di più, c’è più conoscenza”.