La macchina organizzativa della 46^ edizione del Vinitaly è già in moto per il “pronti via” da domenica 25 a mercoledì 28 marzo 2012.
Al suo interno un nuovo salone denominato ViVit, acronimo di Vigne, Vignaioli, Terroir darà per la prima volta spazio ai produttori e venditori di vini prodotti da agricoltura biologica e biodinamica che stanno incontrando sempre più l’interesse dei consumatori, anche grazie alla crescita di una coscienza ecologica e di metodi produttivi a basso impatto ambientale.
«Con questa iniziativa Vinitaly – spiega Giovanni Mantovani, direttore generale di Veronafiere – coglie la richiesta che viene dal mercato di conoscere meglio i vini da agricoltura biologica e biodinamica. Il nostro approccio, già sperimentato con successo in varie edizioni, ultimo Sparkling Italy nel 2011, mira a dare evidenza a singoli segmenti produttivi con focus dedicati per mettere in contatto con efficacia offerta e domanda.»
I metodi di produzione hanno problemi di natura giuridica, poiché nella legislazione comunitaria le tecniche adottate dai sistemi di agricoltura biologica e biodinamica non sono supportate da regole a cui attenersi lungo tutto il processo di lavorazione. Tant’è vero che giuridicamente si definisce “vino ottenuto da uve coltivate biologicamente”. Per questa ragione, Vinitaly ha richiesto al centinaio di aziende partecipanti a ViVit di sottoscrivere un’autocertificazione molto restrittiva sui metodi di produzione applicati sia in vigneto che in cantina.
«Noi partecipanti a ViViT – afferma Elena Pantaleoni, dell’azienda biologica La Stoppa - siamo vignaioli che hanno come obiettivo primario fare vini legati al territorio. Come dicono i francesi: vins de terroir. Spesso pratichiamo agricoltura biologica o biodinamica, ma non sempre siamo certificati. In cantina mettiamo in atto pratiche che non alterino le caratteristiche del territorio, ma anche dell'annata e del vitigno; cerchiamo con i nostri vini di esprimere l'unicità e la personalità propria di ogni zona vocata.»
Produrre mediante il metodo biodinamico, significa non applicare di metodi intensivi, lasciando al terreno la capacità di nutrire le piante senza alcun aiuto esterno «non è, di per sé, una garanzia assoluta di qualità – spiega Nicolas Joly, fondatore de La Renaissance des Appellations, l’associazione di vignaioli creata 2001 che conta circa 200 produttori di 14 Paesi, dei quali 34 in Italia -. Il risultato dipende dal luogo dove si coltiva, dal vitigno scelto, però quando si assaggia uno di questi vini si capisce la differenza perché si torna alla verità del gusto.»
Difficile avere dati precisi sulla viticoltura da agricoltura biodinamica, di territorio o naturali, anche se numerose sono le associazioni attive a livello sovranazionale con un numero di aderenti piccolo, ma significativo.
Più monitorato il biologico: secondo il Sinab (Sistema informativo nazionale sull’agricoltura biologica) tra superfici già convertite e quelle in conversione, il biologico in Italia rappresentava nel 2009 poco più del 6% del totale vitato, pari a oltre 43.600 ettari. Le più coinvolte sono le regioni centro-meridionali, mentre tra le regioni grandi produttrici di vini solo la Toscana è interessata con una percentuale rilevante, pari al 10%.
Lo spazio di ViVit sarà allestito al 1° piano del Palaexpo, ingresso A.