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OlivitalyMed

03/11/2023

OlivitalyMed

Dar vita alla più importante fiera del centro sud Italia dedicata all’olio extravergine di oliva e ai prodotti dell’eccellenza. Ci lavoriamo da otto anni e abbiamo scelto il Cilento, proprio perché simbolo della Dieta Mediterranea”.

È questa l’ambizione di Stefano Sgueglia, organizzatore di OlivitalyMed, rassegna in programma dal 6 all’8 aprile 2024 al Castello di Rocca Cilento.

Stefano SguegliaStefano Sgueglia

L’imprenditore, proprietario anche del Castello di Limatola nel Sannio, da tempo sognava di poter aprire le porte ad un evento dedicato all’olio extravergine di oliva di qualità.

Partner istituzionale dell’iniziativa è l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Campania, che l’ha inserita nel programma di valorizzazione delle eccellenze agricole regionali. 

Convegno Anteprima OlivitalyMedConvegno Anteprima OlivitalyMed

Ha preso parte alla presentazione anche l’assessore Nicola Caputo:La Campania è una regione importante per la produzione olivicola, ma non è percepita come tale. Non siamo presenti nelle carte degli oli più ambite, ma ne abbiamo tutte le potenzialità. Quest’anno è partita la promozione dell’IGP Campania su cui abbiamo bisogno di forza e di massa critica. L’agricoltura ed il turismo sono sempre più connessi, siamo convinti che qui a Rocca Cilento si possa riunire il mondo dell’olio italiano”.

Opinione condivisa anche da Michele Sonnessa, presidente dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio.
Noi siamo impegnati nella valorizzazione dell’olio e del rapporto tra olio e territorio dal 1994. L’olio è paesaggio, civiltà, cultura, salute e sono sicuro che questo castello sarà una location perfetta. Sull’oleoturismo abbiamo lavorato molto: per far percepire il plus del valore dell’olio extravergine di oliva e consentire che l’olio venga pagato il giusto prezzo, bisogna raccontare tutto ciò che il prodotto esprime”.

OlivitalyMed

La Campania olivicola

8,5 milioni di piante, 75 mila ettari ad oliveto ed una produzione di oltre 180 mila ettolitri nel 2021. È questa la fotografia dell’olivicoltura campana che si attesta, in termini di produzione, al quarto posto in Italia.

L’olivicoltura rappresenta in questa regione il 12% della superficie agricola utilizzata, di cui quasi la metà (precisamente il 47% del totale regionale) si trova nel salernitano.

Aree vocate ma sempre segnate, purtroppo, da una grande frammentarietà aziendale e una localizzazione quasi mai pianeggiante, che si traduce in minore meccanizzazione e maggiori costi.

Sono ben cinque le DOP: Colline Salernitane e Cilento nell’area della provincia di Salerno, Colline dell’Ufita nella provincia di Avellino, Penisola Sorrentina nella provincia di Napoli e Terre Aurunche in provincia di Caserta.

Una geografia dell’olio extravergine di oliva che si arricchisce ancor di più della continua crescita della superficie dedicata alla produzione biologica, la quale interessa ormai il 15% della superficie olivetata regionale.

L’olio Campania IGP

Dar vita ad un brand semplice e facilmente riconoscibile anche all’estero, al fine di armonizzare un comparto che necessita di una ulteriore spinta. È questa la motivazione alla base della nascita dell’IGP Campania, per cui le adesioni si sono aperte l’estate scorsa. 

Tra le indicazioni del disciplinare, che riserva il riconoscimento agli oli evo prodotti in tutto il territorio campano, vi è l’elenco delle varietà consentite: Asprinia, Caiazzana, Carpellese, Frantoio, Leccino, Marinese, Minucciola, Nostrale, Ogliarola campana, Ortice, Ortolana, Pisciottana, Racioppella, Ravece, Rotondella, Salella, Sessana e Tonda. Altre varietà possono concorrere per un massimo del 15%. 

Il logotipo, pensato proprio per ottenere un rimando immediato al territorio anche per gli stranieri, è costituito dalla stilizzazione del Vesuvio e del Golfo di Napoli con una goccia d’olio in eruzione.

a cura di

Antonella Petitti

Giornalista, autrice e sommelier. Collabora con diverse testate, tra radio, web e carta stampata. Ama declinare la sua passione per il cibo e i viaggi senza dimenticare la sostenibilità. Sempre più “foodtrotter” è convinta che non v’è cibo senza territorio e viceversa.

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