Vi siete mai soffermati a pensare cosa osservate appena entrate in un ristorante?
In genere il primo occhio si posa sull’ambiente, in modo sommario, mentre ci accompagnano al tavolo. Poi sulla cucina, se è a vista, ma senza prestarci troppa attenzione. Poi si fa caso al tavolo, si valuta se è dove ce lo aspettavamo e con uno spazio e una luce consona. Ma questo non tutti lo fanno. E poi ci si accomoda, si scorre il menu e si sceglie cosa ordinare. Da quel momento il nostro sguardo rimbalza tra il tavolo, la persona che abbiamo di fronte o a fianco, e purtroppo (per molti) finisce per posarsi sullo smartphone. Talvolta s’infila negli spazi della sala per ordinare dell’altro o chiedere il conto.
Ecco: quello che abbiamo citato è solo una minima parte di tutto ciò che ci sarebbe da conoscere in un ristorante. E noi lo diamo per scontato, o lo ignoriamo proprio. Oltre il perimetro di quel tavolo c’è - e lo sanno bene i ristoratori - il grosso che tiene in vita un’attività di ristorazione. Ci sono investimenti, rapporti con i fornitori e con la filiera agroalimentare, le spese fisse, le storie e le esperienze di chi ci lavora, le idee, le ambizioni, la prenotazione annullata all’ultimo minuto, la fornitura sbagliata che ha reso necessario un improvviso cambio menu. E ancora i viaggi dei titolari e del personale per scoprire nuovi prodotti, vicende di cultura e storia gastronomica, idee di integrazione. E potremmo andare avanti per righe e righe. Questo è il motivo per cui un’attività di ristorazione è complessa, richiede ingranaggi solidi, e quindi non può riaprire da un giorno all’altro al pubblico. Ci siamo confrontati con due imprenditori della ristorazione su questo tema per definire, attraverso le loro esperienze, cosa ci sia oltre il mero perimetro del tavolo.