Che una dieta ricca di frutta e verdura rechi indubbi benefici è cosa risaputa. E non solo per via di quel vecchio adagio che suggerisce il consumo giornaliero di almeno una mela. Ora, però, le interconnessioni tra ortofrutta e salute sono state poste al centro anche dell’Osservatorio Salute e Benessere, la sezione creata all’interno del Monitor Ortofrutta di Agroter, la cui nona edizione è stata presentata nei giorni scorsi.
Primo argomento di ricerca del nuovo format è stata la valutazione del consumo giornaliero di frutta e verdura, condotta attraverso una metodologia di calcolo che ai consumi domestici (elaborati da Agroter su dati GfK-Eurisko) ha sottratto eventuali sprechi e perdite di parte edibile, quantificati da calcoli condotti dal Politecnico di Milano, Last Minute Market ed Ex Inran NUT-CRA, aggiungendo, quindi, il valore del consumo extra domestico e di quello proveniente da altri canali di approvvigionamento. Il risultato di questo lungo e approfondito lavoro, condotto dal prof. Roberto della Casa, è stato piuttosto preoccupante. Per il 2014, infatti, si stima un consumo pro capite giornaliero di ortofrutta pari a 303 grammi, con un calo del 16% rispetto al 2000.
Eppure, un maggiore consumo di arance, spinaci & C., potrebbe avere un impatto davvero significativo. Secondo Agroter, se ogni italiano portasse sulla propria tavola 200 grammi in più di ortofrutta al giorno la spesa sanitaria per malattie cardiovascolari registrerebbe una diminuzione di almeno 1,5 miliardi di euro all’anno, e il numero di decessi sarebbe significativamente ridotto di 20mila unità. Del resto, lo stesso studio condotto a livello europeo sul campione EPIC (European Prospective Investigation into Cancer and Nutrition), nella sezione sui rapporti tra ortofrutta e salute, basata su oltre 450mila soggetti seguiti per 12 anni, è arrivato alla conclusione che per chi assume più di 569 grammi di frutta e verdura al giorno il rischio di contrarre e morire di malattie cardiovascolari sarebbe inferiore del 15%. Il conto, dunque, è presto fatto: se non si fosse verificata la riduzione dei consumi registrata dal 2000, negli ultimi 15 anni si sarebbero evitate 52mila morti per malattie cardiocircolatorie. Il che, oltretutto, avrebbe significato pure una riduzione della spesa sanitaria totale di 3,4 miliardi di euro.
Ma se questo è lo stato dell’arte, per il futuro la società di consulenza ha analizzato tre possibili scenari da qui ai prossimi otto anni: worst case, con un ulteriore declino dei consumi, medium case, che prevede di tornare ai 361 grammi del 2000, e best case, con un incremento fino a 503 grammi. Un’eventualità, quest’ultima, che consentirebbe un risparmio stimato di 8,9 miliardi di euro e, soprattutto, quasi 100mila vite salvate da decesso per malattie all’apparato cardiocircolatorio.
Mariangela Molinari