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Lo Stuzzichino. Paolo De Gregorio, cuoco da 65 anni

22/09/2023

Lo Stuzzichino. Paolo De Gregorio, cuoco da 65 anni

Cuoco di lungo corso e di poche parole, Paolo De Gregorio, classe 1944, nasce in una famiglia di undici figli. Allora bisognava iniziare a lavorare fin da ragazzi per aiutare il bilancio domestico così lui, all’età di 14 anni entrò in cucina nella casa della famiglia Iaccarino, a Sant’Agata sui Due Golfi. Era il 1958 e la sua passione e l’innata capacità di apprendimento lo portarono rapidamente a diventare cuoco di casa degli Iaccarino. Lavorava a fianco di Alfonso, suo coetaneo, il futuro Don Alfonso

Poi, quando lo zio di Alfonso comprò l’importante Grand Hotel Tramontano a Sorrento, Paolo venne chiamato a far parte della brigata del ristorante di quell’hotel. Aveva appena diciotto anni e poiché i soldi della sua paga servivano al bilancio familiare, non dovevano essere sprecati prendendo la corriera, così lui ogni mattina scendeva da Sant’Agata fino a Sorrento a piedi per ritornare, sempre a piedi, la sera tardi, tre quarti d’ora all’andata, un’ora al ritorno. Alle 8 di mattina doveva farsi trovare in cucina, poi smontava alle 15.30, trascorreva a Sorrento quella breve pausa per riprendere il lavoro alle 17 e poi via, tutta una tirata fino alle 22.  Scalò rapidamente la gerarchia della brigata dell’Hotel Tramontano fino a diventare capo cuoco e lo fu per ventott’anni. Da allora Paolo non ha mai smesso di cucinare, neppure quando a metà degli anni 60 fece il servizio militare a Roma dove lavorò nelle cucine del ministero della difesa. Tutt’ora, mentre si accinge a raggiungere il traguardo degli ottant’anni, non appende il tocco al chiodo, anzi la bustina da cuoco che è il suo copricapo prediletto nella cucina del Ristorante Stuzzichino a Sant’Agata sui Due Golfi, dov’è affiancato dalla moglie Filomena e dalla nuora Dora

Paolo De Gregorio con la moglie Filomena, Dora col marito Mimmo De GregorioPaolo De Gregorio con la moglie Filomena, Dora col marito Mimmo De Gregorio

La sala è sapientemente governata dal figlio Mimmo De Gregorio, gran cerimoniere dell’accoglienza, che ha saputo accompagnare la crescita del ristorante fino agli sviluppi attuali che lo vedono associato alle Premiate Trattorie Italiane e all’Alleanza Slow Food dei CuochiIl figlio di Dora e Mimmo, Paolo (stesso nome del nonno, in continuità battesimale), è già passato da un tirocinio nella cucina dello Stuzzichino col nonno. La sorellina Filomena (come la nonna) non è ancora in età per lavorare, si vedrà col tempo che strada vorrà intraprendere. Dopo questa prima forgiatura, Paolo “il giovane” ha fatto due stagioni presso ristoranti del territorio, per cominciare a confrontarsi con gerarchie e modalità di lavoro in contesti diversi da “casa”, e in ottobre affronterà la sua prima, importante esperienza all’estero. I fuochi dello Stuzzichino lo aspettano.

Paolo e Paolo De Gregorio, nonno e nipotePaolo e Paolo De Gregorio, nonno e nipote

Il repertorio della cucina di Paolo, il cuoco-patriarca, è strettamente stagionale e ispirato dai prodotti agroalimentari della penisola sorrentina e dell’area campana, vini, formaggi e carni, mentre verdure, agrumi e altra frutta provengono dall’Orto Ghezi, di proprietà della famiglia, a due passi dal ristorante. Il pescato è uno dei punti di forza della cucina dello Stuzzichino e viene rifornito quotidianamente dal piccolo peschereccio Santa Rosa che bordeggia la costa frastagliata in quel braccio di mare con la che va da Marina della Lobra fino alla Baia di Ieranto con la Riserva Naturale Marina Protetta di Punta Campanella, area da cui proviene il gamberetto di nassa di Crapolla, Presidio Slow Food, che il suo meglio lo offre da crudo. Imperdibile la Parmigiana di melanzane, le Alici ‘mbuttunate (imbottite), gli Gnocchi di patate alla Sorrentina, i Ravioli al profumo di limone Massese con vongole veraci, il Ragù napoletano (o’ rraù), e la Minestra Maritata di cui parliamo qui di seguito.

Il ricettario di Paolo De GregorioIl ricettario di Paolo De Gregorio

Menèsta mmaritata

Miétti a vóllere rint’a na marmitta doie rotola de carne de vacca, na nella iallina, nu ruotolo nfra verrinia, presutto e vuccularo de puorco, scummarraie, e po nge miétti miezu ruotolo de lardo pisato Quanno tutta la carne s’è ccotta, nne la liévi e la miétti rint’a n’atu commodo cu acqua caura pe farla sta ncáuro; po passa lu broro pe dint’a lu scolamaccaruni e torna a mettere lu broro rint’a la marmitta e quanno volle nge miétti na bella menesta de cappucce, turzelle, na scarulella, e nu poco de vasenicola; la farraie còcere bona, e po me sapraie a ddìcere che menesta acconcia stommaco ca te mangi. 

La minestra maritata di Paolo De Gregorio. Foto Lido VannucchiLa minestra maritata di Paolo De Gregorio. Foto Lido Vannucchi

Così recitava la ricetta della “Menèsta mmaritata” secondo il gastronomo Cavalier Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, che a metà Ottocento aprì al mondo il sipario sulla cucina napoletana col suo Cucina Teorico-PraticaIl voluminoso trattato affrontava con uno spirito estremamente moderno la cucina “ricca”, quella allestita per la nobiltà partenopea, con una sezione dedicata a La Vera Cucina Casereccia – Tutti li Pranzi di uso della nostra Bella Napoli espressi in dialetto Napolitano.

Nel suo monumentale La Cucina Napoletana, Newton Compton Editori 1992, Jeanne Caròla Francesconi, con una appassionata introduzione di Luca De Filippo, propone una minuziosa ricetta per la minestra maritata (in questo caso coi dovuti dosaggi) facendola precedere da una premessa: «Questa minestra andrebbe fatta con gli elencati ingredienti tradizionali, ma essendo attualmente anche a Napoli molto difficile trovarli, bisogna accontentarsi della versione moderna che dà peraltro risultati quasi identici all’antica».

a cura di

Bruno Damini

Giornalista scrittore, amante della cucina praticata, predilige frequentare i ristoranti dalla parte delle cucine e agli inviti nei salotti preferisce quelli nelle cantine. Da quando ha fatto il baciamano a Jeanne Moreau ha ricordi sfocati di tutto il resto.

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