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Parmigiano Reggiano di montagna: un ruolo economico e sociale

04/08/2022

Parmigiano Reggiano di montagna: un ruolo economico e sociale

Il Consorzio del Parmigiano Reggiano DOP ha presentato i risultati di una produzione particolare del cosiddetto re dei formaggi: il Parmigiano Reggiano di montagna.

 

Il primo dato che spicca durante la conferenza stampa di presentazione è quello relativo ad un’inversione di tendenza alla decrescita che aveva colpito il comparto fino al 2014.

 

“La produzione nelle zone di montagna è una delle caratteristiche del Parmigiano Reggiano da sempre. – esordisce Nicola Bertinelli, presidente del Consorzio – Nella dorsale appenninica tra Bologna e Parma si realizza circa il 20% della produzione ma era in atto un abbandono della montagna che, dal 2014, siamo riusciti a invertire grazie alla norma comunitaria del Piano di regolazione dell’offerta. In pratica abbiamo applicato la regola di produrre quanto richiesto dal mercato prestando attenzione e restituendo valore ai caseifici di montagna. Questo ha fatto si che allevatori e caseifici non abbandonassero i luoghi impervi portando la produzione di latte da 3,8 milioni di quintali a 4,35 milioni, con un 15% di aumento e la produzione di forme da 765.000 a 839.000. Un esempio sano e bello da raccontare, ma siamo andati oltre perché il Parmigiano Reggiano di montagna deve avere una distintività maggiore e, per questo, abbiamo affidato l’incarico al vicepresidente del Consorzio, Guglielmo Garagnani, di assessore alla montagna all’interno della nostra giunta esecutiva proprio con il compito di realizzare un progetto di promozione specifico”.

Parmigiano Reggiano di montagna: un ruolo economico e sociale

“Il Progetto Territorio Parmigiano Reggiano Prodotto di Montagna si avvale di una certificazione di prodotto che mette in evidenza le peculiarità di queste forme: un colore paglierino intenso dovuto ai fieni, ai prati e alle essenze presenti in montagna, odori e aromi di frutta fresca, spezie e brodo di carne, un equilibrio perfetto tra i cinque sensi e una buona granulosità e solubilità. – spiega Guglielmo Garagnani – Una nostra ricerca tra i consumatori conferma che gli stessi sono disposti a spendere di più per il Parmigiano Reggiano di Montagna e quindi la sfida, per noi, è rafforzare il valore commerciale di questo prodotto per avere un posizionamento nel mercato che riesca a rendere sostenibile tale produzione nel tempo. Tra le varie azioni che vogliamo sostenere c’è una punta di diamante per la promozione che è la 56° Fiera del Parmigiano Reggiano che si tiene a Casina, sull’Appennino Reggiano, dal 5 all’8 agosto”.

 

“Casina è un luogo dove il Parmigiano Reggiano è in tutte le case – afferma Stefano Costi, sindaco di Casina – ed è naturale che qui si svolga da 56 edizioni la Fiera. È anche un invito a quel turismo slow che sta diventando sempre più importante ed è soprattutto una questione sociale quella di dar valore al Parmigiano Reggiano di Montagna perché, in questo modo, si evita lo spopolamento e il conseguente dissesto idrogeologico”.

 

“La sostenibilità ha un senso se prima di tutto è economica e, proprio per questo, la Regione Emilia-Romagna indica come priorità il sostegno all’Appennino e alle aree interne, prova ne è che nel settennio 2014-2022 sono stati concessi alle imprese agricole e agroalimentari tramite il programma di sviluppo rurale un miliardo e 380 milioni. Di questi il 42% ai territori di montagna anche se rappresentano il 20% delle produzioni. – lo ha affermato Alessio Mammi, assessore regionale all’agricoltura – Perché facciamo questo? Perché la pandemia ha messo in evidenza i reali bisogni delle persone: migliore qualità di vita, richiesta di sicurezza e voglia di autenticità. La montagna offre queste cose. La montagna non ha bisogno di noi ma siamo noi ad aver bisogno della montagna. A questo risponde il Progetto di promozione attivato dal Consorzio che noi sosteniamo completamente”.

 

a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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