Dopo un primo tentativo andato a vuoto per chiusura dei cancelli, armato di pazienza, non mi son lasciato scoraggiare e son tornato a... Scuola.
L'occasione me l'ha fornita Pellegrino Artusi o meglio una mostra a lui dedicata organizzata presso l'Università Statale di Milano in via Festa del Perdono fino al 24 marzo.
La Mostra “100-120-150 Pellegrino Artusi e l'unità d'Italia in cucina” è visitabile, infatti, nel loggiato posto sopra l'ingresso della sede universitaria. Una scelta anomala, che, però, condivido per l'intenzione apprezzabile di unire cucina e lingua italiana, perché, come giustamente è stato annotato nel 1970 da Piero Camporsi, La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, ha “fatto per l'unificazione nazionale più di quanto siano riusciti a fare I Promessi Sposi”.
Purtroppo l'allestimento, minimale con 14 banner automontanti, ma pur sempre efficace ed esaustivo, sembra non interessare affatto le migliaia di studenti che al piano inferiore conducono la loro vita scolastica come nulla fosse.
Un vero peccato, perché l'intento è buono e mirato ad un pubblico che dovrebbe accogliere questo insegnamento con curiosità e voglia di approfondire.
L'opera di Artusi, infatti, è anche molto attuale negli strumenti adottati per lo sviluppo del progetto, mezzi che possono in qualche modo esser precursori dell'uso della rete dei social network odierni. Dopo la prima pubblicazione, peraltro a spese proprie, perché nessun editore volle credere nel successo di questa iniziativa, partì un vero e proprio scambio fitto, fatto di dubbi, suggerimenti, segnalazioni che si alimentava di edizione in edizione con migliaia di lettori che diventavano a loro volta reporter a caccia di ricette in tutta Italia, così dalle iniziali 400 circa e tendenzialmente di provenienza tosco-emiliana, si arrivò dopo 20 anni a quasi 800 da tutta Italia.
E intanto la lingua italiana cresceva di pari passo, si uniformava, si standardizzava., anche grazie ad Artusi.
In perfetta solitudine, mi godo ogni riga dei lenzuoloni artusiani, scopro delle vere chicche, sorrido pensando allo “scontro” sociale tra il borghese Artusi e la contadina Marietta, mi inorgoglisco pensando che, così come quest'opera è stata fondamentale per insegnare come mangiare meglio alle nuove generazioni di una società italiana agli albori, poi, grazie agli emigranti, abbiamo insegnato uno stile gastronomico che ha fatto sedere a tavola tutto il mondo.
Non bastasse, anche l'introduzione della pasta come primo piatto e del condimento al pomodoro è un lascito dello studioso della nostra cucina.
Appagato scendo in mezzo agli studenti che mi scambiano per un docente e rispondono senza riserva al mio mini sondaggio su chi fosse a conoscenza della mostra... nessuno.
Voglio chiudere in positivo, però, perché il messaggio di Pellegrino Artusi è ancora attuale ed è un dovere di tutti, non solo della Fondazione o del Comune di Forlimpopoli, promuoverlo con determinazione e passione, perché la buona cucina migliora la vita.
Aldo Palaoro