La sua storia è l’esempio del detto che Peppino ci confida: “Non ho mai letto molti libri, forse non ne ho avuto il tempo e anche di vino sapevo poco, tranne le parole ascoltate da Angelo Gaja: fare, saper fare, saper far fare e far sapere”.
Comincia così la scoperta delle scelte che hanno distinto quest’uomo che ama definirsi greco-romano, per la duplice origine dei genitori –
Paestum e Vesuvio – ma, soprattutto, le caratteristiche antiche delle due popolazioni, in un continuum che ha segnato questi luoghi.
“Mio padre dovette rinunciare alla produzione del vino e ai vigneti alle pendici del Vesuvio a causa di un infarto. Ci trasferimmo a Paestum, dove mia madre aveva dei terreni di famiglia, da cui nacquero alcune delle proprietà di oggi. Il ricordo del vino si è risvegliato, in maniera potente, il giorno in cui andai in visita alla Ruffino, in Toscana. Mi ritrovai a camminare la terra di una vigna, contando la lunghezza del passo da un filare all’altro, da una pianta all’altra. Era il segnale che quella vigna, quel paesaggio, dovevo ricercarli qui, in Cilento, in ricordo di mio padre e, prima ancora di mio nonno, che il vino lo faceva dalla fine dell’Ottocento”.
Nasce da quella visione l’azienda che oggi porta il nome di
Azienda Agricola San Salvatore 1988, in onore del padre Salvatore e “di quanto insegnamento mi trasferì, fin da bambino” ricorda Peppino.