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Per fare il pane ci vuole un seme

05/07/2017

Per fare il pane ci vuole un seme
Basta sentire parlare di pani e prodotti da forno come il  Panterrone, fatto con grano arso, nelle diverse varianti (alle olive candite, peperoni e capperi, dell’orto - fagiolini, zucchine e sedano, con lampascione), il pane ai quattro gusti (grano arso, salicornia, nero di seppia e grano Senatore Cappelli), i pani sartoriali disegnati sulle esigenze di ogni singolo chef (e siamo anche nell’alta ristorazione), le Dita (taralli distesi come dita in grano macinato a pietra),  il Piccione, l’antagonista della colomba, che è racconto di un viaggio perché tocca più luoghi con i suoi ingredienti (Rape rosse candite di Sicilia, nocciole di Giffoni, nocciole Gentile delle Langhe, timo selvatico del Gargano, pepe bianco di Sarawak come unico ingrediente esotico), basta appunto anche solo sentire nominare questo ben di Dio  per intuire il giocoso acume di chi ci sta dietro.
Per fare il pane ci vuole un seme
Si svela così poco a poco Antonio Cera, studi bocconiani, sulla scena della panificazione, dopo aver deciso di investire sulla sua terra, San Marco in Lamis, poco  avvezza alla cultura imprenditoriale, e sullo storico forno di famiglia, destinato diversamente a non avere un futuro, con l’intento ben preciso di dare valore alla sua terra apportando però qualcosa di diverso, particolare.
I punti fermi, in linea con le scelte del nonno, sono certamente il partire da materie prime del territorio, dando nuovo impulso a mestieri in sofferenza, e il puntare a una produzione di alta qualità, passando in tanta parte per le tradizionali ricette con antiche varietà di grani. La memoria storica Antonio ce l’ha in casa. Ogni giorno sono presenti alla sua attività tre gioielli di famiglia: le  due zie ultraottantenni e la mamma.
Per fare il pane ci vuole un seme
Foto di Luigi Giuliani

Al forno Sanmarco si impasta tutto a mano integrando col supporto dell’impastatrice: una lavorazione che consente di conservare meglio le proprietà organolettiche dell’impasto e, fra gli altri accorgimenti, non si utilizzano semi-lavorati.
Tempo di prendere confidenza con la materia e il forno Sanmarco diventa sempre più laboratorio di sperimentazione per Antonio che, partendo dalla tradizione pugliese, si libra in nuove curiose creazioni.
Per fare il pane ci vuole un seme
Sono i crescenti riconoscimenti che arrivano da tutta Italia a rincuorarlo della strada intrapresa e ad incoraggiarlo a continuare, con quella stessa deteminazione e perseveranza che lo hanno caratterizzato instancabilmente fin dall’inizio. E qui lo scatto, l’idea di portare alla luce il suo percorso come contributo allo sviluppo di una cultura del pane in chiave gustativa e nutrizionale, che non può non passare dal controllo dell’intera catena alimentare.
Per fare il pane ci vuole un seme
Nascono così  l’Associazione Futurista del Pane e il Manifesto Futurista del Pane, elaborato da Antonio Cera e dal dottore nutrizionista Giampiero di Tullio, un concentrato di gesti e azioni di cui l’ evento Grani Futuri - una tre giorni, dal 17 al 19 giugno, perfettamente riuscita tra organizzazione e comunicazione- interamente dedicato al pane in San Pietro in Lamis, è stato freccia propulsiva perché quel pensiero si diffondesse a partire da lì, da quell’esperienza in loco.
Per fare il pane ci vuole un seme
Non va dimenticato che la Puglia nel panorama produttivo italiano del grano duro è al primo posto (da sola conta oltre 20 mulini) per cui la sua da dire in materia di pane ce l’ha.
Corrono negli occhi, come su una pellicola, immagini vissute capaci di mettere in risalto un territorio e la poesia che inconsapevolmente porta con sé.
Per fare il pane ci vuole un seme
Foto di Luigi Giuliani

Fra tutte, a simbolo, alcune che partono dalla terra:  Angelo Tancredi e il figlio Michele che coltivano il loro campo su su, oltre il bosco nell’agro di San Marco di Lamis, con metodi antichi (arano con il mulo e mietono a strascico),  e Paolo Palladino, veterinario ormai in pensione, che in San Giovanni Rotondo ha arato e seminato dopo 47 anni il Senatore Cappelli, cresciuto ora in tutta la sua imponenza, in un terreno pietroso “perché la pietra preserva il terreno fresco”.
Per fare il pane ci vuole un seme
Foto di Luigi Giuliani

Lo stesso Antonio Cera ha chiesto a Leonardo Petruccelli, agricoltore del luogo, di seminare nel suo campo 12 tipi di grano (tra duro e tenero) perché la sperimentazione deve continuare, ma soprattutto per non perdere mai il contatto con quella terra da cui ha origine il processo di panificazione.
Quando gli chiedono quanto tempo ci voglia per fare il pane, Antonio risponde “un anno e mezzo”, cioè a partire dalla semina del grano.
Per fare il pane ci vuole un seme
Al suo occhio non vuole sfuggire alcun passaggio, per poter dire in tutta serenità che quel pane è sano ed è anche molto curato affinché risulti pure buono! Ma le adesioni al Manifesto Futurista del Pane lo stanno facendo sentire in buona compagnia.

Simona Vitali
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