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Perché andiamo al ristorante?

13/03/2025

Perché andiamo al ristorante?

Perché andiamo al ristorante? Non certo per soddisfare un’esigenza fisica. Certamente nutrirsi è una necessità che, però, possiamo adempiere in molti modi, il più semplice, frettolosamente, tra un impegno e l’altro, anche solo con un panino, il più comune a casa propria, cucinando una pietanza o un intero pasto.
Appurato che assolvere il compito di alimentarsi è una pratica che possiamo svolgere in molti modi, da soli o in compagnia, perché esistono i ristoranti? 


La domanda, seppur retorica, non è scontata, così come non lo sono le risposte che ci diamo.
Queste riflessioni ciclicamente emergono, nelle discussioni di settore, con colleghi e professionisti delle varie arti della tavola e della cucina, ma anche, spesso, nei pensieri personali. Da un punto di vista tecnico si va al ristorante per motivi di lavoro o per diporto. Nel primo caso può essere una pausa durante un trasferimento da un cliente oppure la scelta di sfruttare il momento del pasto per una riunione, più informale e piacevole.

Andare al ristorante nel tempo libero, invece, è un modo per stare in compagnia, di amici, in coppia, come occasione di corteggiamento, per festeggiare, per concedersi un piccolo lusso. Sociologicamente, entrambe le motivazioni hanno in comune la ricerca della convivialità, perché, anche si fosse da soli, non si disdegna di sedersi in una sala per condividere il pasto con altri sconosciuti.

Ecco il punto. Siamo quotidianamente sommersi da recensioni di pietanze, ricette, abbinamenti. Anzi, negli ultimi tempi, nemmeno più tanti dettagli, ma solo immagini, troppe, di piatti o di persone che mangiano. La concentrazione della letteratura gastronomica è, perlopiù, indirizzata a cosa mangiamo, ma dimentica, per restare in ambito alimentare, il contorno.

Tutto questa indigestione di informazioni sulle creazioni culinarie e, spesso, sui loro creatori, i cuochi, ci sta distraendo, facendoci dimenticare le ragioni che ci portano a frequentare un ristorante, in tutte le sue declinazioni, dalla semplice trattoria al ristorante di gran classe.

 

L’occasione per una riflessione su ciò che ci spinge a mangiare fuori casa è data da un luogo che i nostri lettori hanno già conosciuto attraverso queste pagine, ma di cui torniamo a trattare senza parlare di cibo.

L’Osteria del Biliardo è ciò che definiremmo un presidio sociale. Si trova a Milano, nella periferia nord, a pochi passi dal parco di Villa Litta, nel quartiere di Affori, uno dei tanti piccoli comuni di cintura, inglobati nel tempo dalla grande città. 

Tra casermoni anni ‘60/70 dove, a parte i supermercati, non ci sono più molti luoghi dove incontrare altre persone, grazie a due fattori determinanti, fioriscono iniziative che danno un senso alla parola comunità.

Perché andiamo al ristorante?
Perché andiamo al ristorante?

L’osteria, infatti, è inserita all’interno di una serie di edifici di proprietà di una cooperativa, strumento abitativo che oggi definiamo di housing sociale.

Scopo di una cooperativa abitativa è preoccuparsi del benessere dei propri soci, offrendo, oltre a un tetto, anche occasioni di socialità.

Niente di meglio, dunque, di un luogo di ritrovo e svago come un’osteria e dove, ancora oggi, si gioca a biliardo, ma anche a carte o solo ci si incontra per trascorrere la giornata in compagnia.

Poi, se chi gestisce la parte di ristorazione è attento e appassionato, si può offrire a soci e avventori un pasto buono, sano e giusto, aggettivi citati non a caso, visto che Herion Talelli, è, da sempre, rispettoso dei principi di Slow Food.

Da questi due fattori, cooperativa e osteria, nacque, così, un luogo che oggi, diventato grande, ha la forza di replicare il modello, in un altro quartiere della città, non lontano dall’ospedale Niguarda con L’Osteria al Circolino, ma sempre in un ambiente di proprietà di una cooperativa, tra le più storiche della città (Abitare Società Cooperativa). Copia fedele in tutto, anche una villa storica vicina, Villa Clerici: spazi per trascorrere tempo libero in compagnia, buon cibo, prezzi onesti, ma, soprattutto, in entrambi gli esercizi quel qualcosa in più che ci fa rispondere alla domanda iniziale, “perché andiamo al ristorante?”

Chiamiamola atmosfera, ma, prima ancora, accoglienza, che già si esprime nel momento della prenotazione quando si percepisce, in chi ti risponde, un’innata empatia che ti predispone al meglio per l’esperienza che si sta per provare.

Perché andiamo al ristorante?

Ospitalità che si riassume in un sorriso quando varchi la porta d’ingresso. Ambiente vivo, vivace, anche un po’ arruffato, ma che, guardandosi attorno, fa capire il perché siamo qui, perché andiamo al ristorante. Ci andiamo per stare bene, per godere della compagnia di amici e commensali, per trascorrere qualche ora discorrendo del più e del meno, anche affrontando temi importanti, profondi, ma con la giusta leggerezza.

La funzione sociale di un locale pubblico è imprescindibile, quasi fosse un ricostituente inventato per offrire la possibilità di staccare dai problemi quotidiani, in questo è prioritario il comportamento di chi ci ospita, poi, ma è davvero meno importante, se si mangia anche bene, meglio ancora. Riconosciamolo, se un piatto buonissimo viene servito male, difficilmente torneremo, se, invece, un piatto normale viene servito con un sorriso, in quel locale ci torneremo più facilmente.

a cura di

Aldo Palaoro

Giornalista ed Esperto di Relazioni Pubbliche, da quando non si conosceva il significato di questo mestiere. Ha costruito la sua professionalità convinto che guardarsi in faccia sia la base di ogni rapporto. Organizza corsi di scrittura e critica gastronomica.
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