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Piero Pompili: “NATO OSTE”, autobiografia di un predestinato in sala

04/07/2025

Piero Pompili: “NATO OSTE”, autobiografia di un predestinato in sala

Curioso destino quello del sambenedettese Piero Pompili, avviato agli studi di ragioneria e poi alla facoltà di economia e commercio di Bologna perché i suoi genitori sognavano per lui un futuro da direttore di banca… ma la turrita by night ordiva per lui altri disegni.

A leggere la sua autobiografia “Nato oste” (Maretti Editore, 20 €) si potrebbero individuare segni precoci di predestinazione.

Piero PompiliPiero Pompili

Fin dalle prime classi delle superiori, durante le vacanze estive, comincia a lavorare come cameriere negli alberghi del lungomare di San Benedetto del Tronto. Non ha esperienza ma ci sa fare e impara presto come farsi benvolere dai clienti e dai colleghi di lungo corso e a sedici anni si ritrova a ricoprire il ruolo di maître in un importante hotel, pur continuando a non vederci uno sbocco professionale per il suo futuro. 

Altri segnali? La madre, ottima cuoca autodidatta, alla Tavernetta negli anni ’80, così apprezzata dalla proprietà da consentirle di chiamare anche il marito come addetto alla griglia, per poi approdare ambedue alla gestione della Lampara, un ristorante con camere in una palazzina in stile Liberty sul lungomare di San Benedetto.

Una volta diplomato, lui si trasferisce a Bologna per iscriversi alla facoltà di Economia e Commercio e con gli amici comincia la scorribanda nelle discoteche della città che un tempo confondeva la notte con il giorno. Così capita al Paquito, vicino alla stazione, che non era certo il top nel settore. Conosce il giovane titolare e gli elenca difetti e potenzialità inespresse del locale. Quello, incuriosito, gli propone di provare a rilanciarlo, così Piero s’inventa event manager assumendo l’incarico di direttore artistico della discoteca, rivelando doti comunicazionali innate perché in poche settimane il locale rinasce fino a diventare un polo d’attrazione underground. Lì conosce e comincia a frequentare Arnaldo Laghi, un cuoco che aveva da poco aperto l’Osteria Al Minestraio, a Rastignano, poco fuori città, il quale in breve tempo gli propone di prendere le redini della sala, così avrebbe potuto contare su un buono stipendio continuando a frequentare l’università. Il nostro abbandona il mondo delle discoteche e comincia a servire ai tavoli sotto l’occhio attento di Arnaldo che comincia a fargli approfondire il mondo della ristorazione portandolo alla scoperta di importanti ristoranti, non solo in Italia. 

Nel frattempo, lui continua a coltivare la passione per la comunicazione, nel 2003 scopre il web e comincia a scandagliare il forum del Gambero Rosso che la visionarietà di Stefano Bonilli aveva aperto ai contributi di appassionati di enogastronomia, non giornalisti di settore. Deciso a dire la sua in quel libero forum, scartati nickname già in uso come Tortellino, Cotoletta alla bolognese, Tagliatella, opta temerariamente per Muccapazza e il suo modo di raccontare la ristorazione, i suoi consigli, spesso inviti alla scoperta di giovani talenti, cominciano ad avere un seguito, fino a convincerlo nel 2004 a lanciare il suo blog “Il gastronomo riluttante”, sempre a firma di Muccapazza. Cominciano ad accreditarlo in nuove importanti manifestazioni come “Identità Golose” dove stringe rapporti con chef che di lì a poco avrebbero segnato i nuovi percorsi della cucina d’autore italiana come Fulvio Pierangelini, Igles Corelli, Davide Scabin, Massimiliano Alajmo, Enrico Crippa, mentre tiene stretti rapporti con Bonilli.

Nel 2006 si prepara al grande salto con Arnaldo trasformando il Minestraio nell’Osteria Numero Sette, che ancora molti rimpiangono, puntando a un rilancio della cucina bolognese, privilegiando i migliori prodotti del territorio. E arriva la consacrazione di Enzo Vizzari su L’Espresso assieme ai primi riconoscimenti sulla Guida dei Ristoranti dell’Espresso e del Gambero Rosso e al premio come “Osteria dell’anno” da parte di Luigi Cremona per la Guida del Touring.

Poi inizia il periodo buio con la malattia che avrebbe portato Arnaldo alla morte, un percorso descritto con toccante partecipazione.

La sala del Ristorante Al CambioLa sala del Ristorante Al Cambio
Piero Pompili con lo chef Matteo Poggi e parte della brigata di sala e cucinaPiero Pompili con lo chef Matteo Poggi e parte della brigata di sala e cucina

Conclusa forzatamente la bella avventura dell’Osteria Numero Sette, nel 2016 arriva la proposta di prendersi cura della sala del ristorante Al Cambio da parte di Massimiliano Poggi che lasciava quella cucina per coronare nuove ambizioni a Trebbo di Reno col progetto Massimiliano Poggi Cucina.

Si prospettava una nuova sfida per chi non si riconosceva appieno nella definizione di maître quanto piuttosto in quella di restaurant manager. Rifiuta subito l’idea che Al Cambio si trasformi nell’ennesima trattoria puntando piuttosto a riprendere e rilanciare in modo moderno la tradizione dei ristoranti che avevano fatto grande Bologna negli anni ’70 e ’80. Così, dopo trent’anni di conduzione da parte del cuoco più importante in città, Al Cambio rinasce come ristorante “borghese” con la cucina bolognese dei di’ di festa. Il nostro impegna tutte le sue forze e la sua inventiva nel comunicare la novità, non solo sui social, investendo su sé stesso come figura d’accoglienza, ispirandosi a grandi maestri e veri “osti” come Gianluigi Morini e Arrigo Cipriani, con in testa l’idea di puntare molto sul servizio, perché l’accoglienza degli ospiti è il momento in cui un ristorante con una cucina di alta qualità si gioca una carta fondamentale. Fin da allora adotta come abbigliamento abituale il doppio petto sartoriale, camicia su misura, cravatte e pochette bene assortite, con molta attenzione al rapporto umano, per ridare al servizio in sala il rilievo che si merita dopo anni di celebrazione della figura dello chef come unica anima dei ristoranti.

Tortellini in doppio brodo di carne come una volta, Al CambioTortellini in doppio brodo di carne come una volta, Al Cambio

Il vento comincia a girare dalla parte giusta e la novità non sfugge a Mauro Bassini sulle pagine del Resto del Carlino poi arriva la prima grande recensione di Enzo e Paolo Vizzari che celebrano Lasagne in sfoglia verde, Tagliatelle al ragù, Tortellini in doppio brodo di carne, Costine di Mora Romagnola arrosto con verze e patate, Cotoletta alla Petroniana e la Crostatina di cipolle caramellate su caldo freddo di Parmigiano Reggiano.

Successivamente, la partecipazione al programma “4 ristoranti” di Alessandro Borghese completa l’opera dietro la quale c’è tutto l’impegno dell’orchestratore e un gran lavoro di tutto lo staff con la cucina capitanata oggi dal figlio d’arte Matteo Poggi con risultati ben evidenti ogni giorno. Il ristorante Al Cambio si fregia del riconoscimento Bib Gourmand della Guida Michelin dal 2018.

 

Per il resto, continuate ad aspettarvi da Piero Pompili risposte e giudizi senza peli sulla lingua, come quando dichiarò che lavorare in un ristorante può essere una #bellamerda perché ruba troppo tempo alla vita privata e “non è tutto MasterChef ciò che luccica”, mentre la gestione della sala è uno dei lavori più difficili al mondo, perché ci si prende cura delle persone con l’obiettivo di farle stare bene.

Fotografie di Veronica Zanetti

 

Ristorante Al Cambio

Via Stalingrado, 150, Bologna

Tel. +39 051 328118 - 328124

www.ristorantealcambio.it

info@ristorantealcambio.it

a cura di

Bruno Damini

Giornalista scrittore, amante della cucina praticata, predilige frequentare i ristoranti dalla parte delle cucine e agli inviti nei salotti preferisce quelli nelle cantine. Da quando ha fatto il baciamano a Jeanne Moreau ha ricordi sfocati di tutto il resto.

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