“Tutto ebbe inizio nel lontano 1780 – racconta Enrico Bergonzi – anche se in realtà una ricostruzione parziale della nostra storia mi porta ancora più indietro. All’epoca l’anziana zia Cleofe decise di trasformare il proprio rustico in uno spaccio di generi alimentari e luogo di ristoro per viandanti. Da quel momento l’evoluzione non si è mai fermata, l’attività non è mai stata chiusa e il lavoro è sempre stato identificato con il nome di chi lo svolgeva”.
Mestieri antichi, artigianalità mai dimenticate e dal valore inestimabile che oggi si scontrano con una modernità troppo veloce, eccessivamente attenta alla quantità. Ma qui il tempo è lento, rispettoso delle stagioni, dei rituali che si ripetono con una sacralità dal fascino immutabile. È il ritmo della lavorazione, della cantina dove riposano i salumi e maturano le muffe, angolo di vita sotterranea e mondo che si anima di mese in mese, che parla, che odora di attesa, quella buona.
“Per noi la cantina è una parte della famiglia. Abbiamo riprogettato gli spazi seguendo un attento esame legato alla stagionatura– spiega Enrico, e lo fa soffermandosi sull’importanza di quell’atto – questo ci è stato utile per capire cosa era corretto fare. I mattoni sono quelli originali, riadattati su una struttura che segue i giusti criteri di conservazione. Quello su cui ci impegniamo oggi è mantenere i metodi artigianali, senza snaturarci ma adattandoci alle norme che garantiscono importanti certificazioni internazionali”.
Già perché al Podere Cadassa convive e prospera un connubio perfetto: al primo piano vi è la zona di produzione dove regna l’innovazione, una fucina di delizie che fa capo alla tradizione perché, nonostante le norme, nessuna ricetta è mai stata cambiata, sono quelle storiche.