Italian sound, life style, tipica, little Italy cuisine o Italy cuisine… Sono infiniti i modi in cui viene descritta la cucina italiana nel mondo. Altrettanto incredibili i numeri di coloro che usano l’etichetta di italianità per affermare la loro professione o attività in campo alimentare.
Le stime parlano di 70.000 tra ristoranti e negozi alimentari in cui si usa, e spesso si abusa, del made in Italy gastronomico. In queste imprese lavorano oltre 800.000 dipendenti, ma quanti sono italiani o conoscono il prodotto e la cultura italiani? Molto pochi, stando alle considerazioni e alle testimonianze che hanno portato chef e giornalisti di ogni parte del mondo a Parma, in occasione della presentazione del progetto Italian Cuisine Certification Program e del Certificato di Proficiency in Italian Cuisine (CPIC), ideato da Academia Barilla in collaborazione con il Gruppo Virtuale Cuochi Italiani, creato dallo chef Mario Caramella (patron del Ristorante Fortino di Singapore) e dal giornalista Rosario Scarpato.
Il simposio internazionale si è tenuto nella sede di Academia Barilla ed è stato aperto dal direttore del centro Gianluigi Zenti con la presentazione delle attività dedicate alla diffusione della cultura gastronomica italiana: una sede nel vecchio centro produttivo della Barilla rielaborata da Renzo Piano che ospita un auditorium, un laboratorio polisensoriale, sedici cucine professionali.
A queste strutture va aggiunta una biblioteca, aperta al pubblico, con 10.000 volumi dedicati alla gastronomia dal 1600 ad oggi, una raccolta di 4700 esemplari di menu storici, una collezione di oltre 150 opere d’arte a tema cibo.
Last but not least le attività di formazione, i Gourmet Tours e i Visiting Chefs, dove i migliori cuochi italiani raccontano la loro storia e mettono in circolo professionalità ed esperienza.
In questo straordinario contesto si sono confrontati, in una tavola rotonda sul tema Quale futuro per la cucina italiana nel mondo? giornalisti e chef internazionali, i cui profili potete leggere a margine dell’articolo.
È stato il preludio all’introduzione dell’ambizioso progetto di Academia Barilla e GVCI: il Certificato di Proficiency in Italian Cuisine (CPIC).
“Riteniamo indispensabile fornire gli strumenti formativi, le conoscenze tecniche e professionali, le basi culturali attorno a cui è nata la cucina italiana a figure professionali, migliaia in tutto il mondo, che oggi si appropriano del marchio Italia. E dall’altro lato fare chirezza tra chi fa la vera cucina italiana e chi no” afferma Mario Caramella, presidente del GVCI che raggruppa più di mille tra chef e operatori che, nel mondo, praticano e promuovono il vero made in Italy alimentare.
Questo in sintesi l’obiettivo della certificazione. Come si potrà ottenere il Certificato di Proficiency in Italian Cuisine?
Academia Barilla ha redatto una sintetica presentazione (scaricabile dal sito
http://www.academiabarilla.it/) che indica a chi si rivolge il progetto: dedicato ai professionisti che vogliono attestare le loro capacità nel tutelare, promuovere e difendere la cucina italiana, la certificazione del CPIC è riservata a professionisti stranieri con adeguati titoli, qualificazioni e documentata esperienza nell'ambito della gastronomia italiana.
Tra i requisiti richiesti: il candidato presenta la richiesta di ammissione agli esami, che viene vagliata e valutata dalla direzione del CPIC. I titoli di merito preferenziali a supporto della richiesta saranno i diplomi di scuole professionali, i titoli universitari, i corsi di perfezionamento svolti in Italia e le referenze lavorative da parte di cuochi italiani.
Infine il candidato sarà sottoposto a due giorni di esame, presso la sede di Academia Barilla, e la prima sessione è in programma il 27 e 28 febbraio 2012.
Il candidato ideale, secondo il Gruppo Virtuale Cuochi Italiani, deve: avere almeno 5 anni di esperienza lavorativa in un ristorante italiano fuori dall’Italia; essere impiegato al momento della nomina in un'impresa di ristorazione italiana, sia come Chef, Chef de Cuisine, Executive Chef, Executive Sous-Chef, Chef Patron o pasticciere, o come uno chef personale o dimostratore Chef; aver mantenuto un costante contatto con l'Italia, con qualificati chef italiani, frequentando corsi di formazione, con una discreta conoscenza della cucina di qualità italiana e le sue tendenze; dimostrare un impegno nel rispettare i principi fondamentali della cucina italiana e della dieta mediterranea, comprese le regole di sostenibilità, stagionalità, regionalità e le linee guida nutrizionali.
Progetto che merita un plauso per l’obiettivo che si prefigge: fare chiarezza attorno al made in Italy. Viene da pensare che forse anche in Italia …
I protagonisti del simposio internazionale all’Academia Barilla