Pochissime grandi catene – oltre alla NH Hotels poche altre – tantissimi piccoli alberghi a conduzione familiare e raramente figure italiane alla direzione generale dei grandi alberghi.
Così sintetizza lo stato dell’arte della hotellerie italiana Luciano Cattaneo, presidente dell’Unità Locale di FCSI, Food Consultant Society International (
www.fcsi.org) Associazione Professionale Internazionale per la promozione di attività di consulenza nel settore della ristorazione e dell’ospitalità alberghiera, che ha casa madre negli Stati Uniti e segreteria italiana a Bergamo.
Noi italiani siamo specialisti nella bottega, mentre quando cominciamo ad ingrandirci, emergono lacune, confusione improvvisazione nelle proposte. Siamo bravi cuochi ma non troviamo nei grandi ristoranti internazionali tanti chef de cuisine nazionali, siamo forti nella creatività ma non conosciamo e operiamo con metodo e rigore, non ci piacciono i protocolli di processo produttivo, non sappiamo stare nei costi d’esercizio preventivi.
Nel contract, non abbiamo capacità nel valorizzare ed evidenziare le proposte. Siamo ottimi artigiani, ma quando diventiamo azienda cominciano a disperderci.
Bravi a improvvisare e nell’emergenza, che per noi è normalità, meno nella partecipazione in team e gruppi di lavoro.
Negli Hotel e Resort, 5 stelle italiani o esteri, oggi chi ci va? Le principali categorie di frequentatori sono: i Russi, con disponibilità, ma difficili da gestire, per la loro non cultura di viaggiatori (ancora in fase di consumatori che confondono il lusso con la gratificazione) e le persone benestanti e ricche, di paesi emergenti (Brasile, India, Sud Africa) magari di una certa età, necessariamente interessati e propensi al far passare il tempo.
Si stanno affacciando altri nuovi clienti, molto interessanti, ma che il nostro paese non riesce ad intercettarli, sono i CINESI. Non è il solito ritornello, ne vanno mitizzati, ma, la lingua, i modi di vivere, di viaggiare e di spostarsi, l’alimentazione, l’assistenza, i loro interessi non ci vedono pronti a riceverli in Italia.
Considerazioni su alcuni dei dati che si conoscono, i cinesi che sono usciti dal loro paese, nel 2010 per turismo, sono stati circa 54 milioni. Pochissimi di questi hanno soggiornato nel nostro paese. I viaggi che hanno acquistato, ha generato anche acquisti di beni voluttuari per circa 900 euro pro capite.
Quanto tempo impiegheremo, visto la nostra organizzazione alberghiera, ad essere pronti per questi nuovi e ricchi clienti ?
Le gestioni di servizi alberghieri, di qualità, stanno andando tutti in crisi e, dopo il crollo economico delle borse, con i tagli dei viaggi di lavoro, hanno subito un crollo intorno al 30%. L’albergo in Italia costa moltissimo rispetto ad altri paesi e i i costi dei 5 stelle diventano insostenibili. Un 4 stelle superiore costa il 40% in meno dei 5 stelle che deve garantire, magari, dei servizi a disposizione o ai piani, difficilmente recuperabili sui costi.
Per quanto riguarda l’alta Ristorazione la situazione non è molto diversa. Oggi gestire un 3 stelle Michelin significa avere solo di cantina migliaia di euro fermi. Chi paga?
Molto più semplice per gli imprenditori italiani investire nell’eccellenza nei Paesi del Golfo, dove il nostro paese è ancora vissuto come il luogo dei sogni, del saper vivere.
All’interno del Burj Khalifa a Dubai, il più alto grattacielo del mondo – di 830 mt – c’è l’Hotel Armani (prima realizzazione), bellissimo, modernissimo. Qui è sparita la reception, ad accogliere il cliente, si riceve su un elegante salotto. 1000 dollari per la sistemazione base, fino ai 13.000 per una notte nella Armani suite Dubai.
L’hotel Armani comprende il ristorante Armani che fa 150 coperti a sera, in cucina la brigata è tutta italiana, compreso il direttore di sala. L’Armani Peck (idem), il Ristorante Mediterraneo (Idem) con cucina a buffet, il ristorante Indiano, quello Giapponese, il ristorante Panoramico, e l’area Banqueting. Tutti i ristoranti hanno un unico centro acquisti di materie prime. Il direttore food and beverage gestisce tutto l’approvvigionamento.
A dirigere questi grandi alberghi sono in molti diplomati e laureati alla Ecole Hoteliere di Losanna.
La più bella piazza, vicina a noi, della cucina italiana nel mondo? Per me è Londra – oramai centro multiculturale (anche in cucina) afferma Cattaneo. Qui, se lei va al Cipriani, che ha dovuto cambiare nome per una sentenza della Corte d’Appello londinese, (che ha riconosciuto all’Orient-Express Group, proprietario della Locanda Cipriani di Venezia, il diritto ad utilizzare il nome del fondatore dell’albergo), anche se di eccellenza parliamo, servono il vino al bicchiere, cosa che in Italia, nonostante le gradi campagne, fa ancora fatica ad affermarsi.
Qui la cucina Italiana è molto apprezzata e riconosciuta, anche come fattore culturale, del nostro saper vivere ed essere gratificati dal cibo, però dobbiamo stare attenti, perché altre culture di altri paesi, si stanno affermando.
Ci sono ristoranti con una cucina Cinese (non la nostra locale economica che vediamo da noi), di alta qualità e proposta, c’è una cucina Indiana raffinata, c’è una cucina Giapponese, Thailandese, Vietnamita di alta qualità, che meritano riflessioni.
Forse dovremo cominciare a CONSIDERARE che la CULTURA DEL CIBO, che abbiamo, deve essere considerata Patrimonio Paese, da inserire in un nuovo e moderno contesto, dove insieme ai Musei e Siti Archeologici, ci si possa presentare al mondo, con capacità e professionalità in un contesto di “Sistema Italia” globale e questo se si vuole, siamo in grado di realizzarlo.
Speriamo che queste esigenze, siano motivo di riflessione e portino ad una presa di coscienza di tutta la comunità.