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Quanto ne sappiamo del tartufo?

20/06/2024

Quanto ne sappiamo del tartufo?

Si fa presto a nominare il tartufo, prelibatezza che fa più ricchi i nostri piatti, ma realmente quanto ne sappiamo di questo che definiscono fungo ipogeo, giusto perché cresce sottoterra e, a differenza dei funghi epigei, non può diffondere le spore attraverso il vento ma sviluppa un forte odore per attirare insetti e animali, che ingerendolo contribuiscano alla diffusione delle spore?
A contrastare la svogliatezza che ci prende ogniqualvolta, avendo un prodotto sotto gli occhi, fra le mani o in bocca, dovremmo cogliere l’occasione per approfondire la nostra conoscenza, nascono ancora - per fortuna - iniziative in cui l’opportunità di acculturarci ci viene servita su un piatto d’argento.
È fresca di pochi giorni l’inaugurazione del museo del tartufo di Fragno, in quel di Calestano, comune della Val Baganza, in provincia di Parma, che va ad incastonarsi in una rosa di ben altri 8 confratelli, i cosiddetti Musei del Cibo della provincia di PARMA, a rappresentare le produzioni tipiche e d’eccellenza proprio nelle rispettive zone più vocate.
 

Opera di Emanuela DallOpera di Emanuela Dall'Aglio

Il circuito dei Musei del Cibo
La scelta operata a suo tempo (tra il 1999 e il 2004) dalla Provincia di Parma, grazie ad uno straordinario gruppo di lavoro facente capo all’Assessorato all’Agricoltura e alle Attività Produttive e all’assessorato al Turismo sotto la guida dell’indimenticato Andrea Borri, dicevamo la scelta è stata  di non creare un’unica struttura museale centrale, magari in città, bensì più luoghi di celebrazione monotematici,  dedicati, musei diffusi ma accomunati da un’unica modalità organizzativa, propositiva e della comunicazione. Un’intuizione nuova, vent’anni fa.  E questo per indurre i visitatori a scoprire un territorio per molti aspetti incontaminato e quindi ricco di fascino, capace di rispondere a diversi dei perché i prodotti si portano appresso.

Quanto ne sappiamo del tartufo?


Tra il 2003 e il 2005 è stata inaugurata una prima tranche museale (Museo del Parmigiano Reggiano in quel di Soragna, Museo del Prosciutto di Parma a Langhirano, Museo del Salame a Felino), dal 2010 al 2014 una seconda tranche (Museo del Pomodoro e Museo della Pasta a Giarola di Collecchio, Museo del Vino a Sala Baganza). È il 2018 quando sorge il Museo del Culatello a Polesine Parmense, segue nel 2022 il Museo del Fungo Porcino di Borgotaro e, come dicevamo, ha aperto i battenti da pochissimo, a metà giugno, il Museo del Tartufo Nero di Fragno. Per ciascun museo una sede peculiare, significativa, come un casello ottocentesco per la lavorazione del formaggio, un ex Foro Boario, in origine mercato del bestiame a ridosso del macello comunale, un’ottocentesca fabbrica di conserve del pomodoro, le suggestive cantine di una Rocca...
Quale sia la missione dei Musei del cibo ben lo ha espresso Albino Ivardi Ganapini, fondatore di questo circuito:“ Per i nostri prodotti, soprattutto quelli dotati di Denominazione di Origine Protetta (DOP), la storia e la tradizione sono componenti essenziali del loro valore anche commerciale...Ci potranno clonare i prodotti ma la storia è qui, nei nostri territori, nei nostri comuni. E allora raccontiamola questa storia, questa è la missione dei musei”.

Esperienza immersiva sulla ricerca del tartufoEsperienza immersiva sulla ricerca del tartufo

Museo del Tartufo Nero di Fragno
Ultimo nato in famiglia, il Museo del tartufo Nero di Fragno sorge all’interno del piccolo ma gradevole centro storico medioevale di Calestano (PR), nelle vecchie carceri sotto il comune, scelte in quanto luogo sotterraneo, immersivo, come lo è il mondo del tartufo stesso. In natura esistono molte specie di questo fungo ipogeo, ma solo nove sono reperibili sul mercato italiano.  “Il Tartufo uncinato di Fragno – dobbiamo sapere – si riconosce per il peridio verrucoso di colore nero, la gleba nocciola scuro, le dimensioni generalmente medie, il periodo di maturazione autunnale e invernale avanzato. Profumo intenso, gradevole, sapore dolce nocciolato, leggermente fungino”.
 

Questa e molte altre nozioni ancora più curiose di botanica, storia, gastronomia, letteratura, senza dimenticare l’esperienza sensoriale, si possono cogliere in un percorso ben pensato da più menti (a partire da Giancarlo Gonizzi, Coordinatore del circuito museale), che contempla sezioni didattiche, multimediali e ludiche. Ma ad emozionare è l’esperienza immersiva nel bosco, attraverso un filmato estesamente proiettato sui muri di una torre in pietra, che avvolge il visitatore coinvolgendolo nello speciale rapporto che lega l’uomo e i suoi due inseparabili cani, razza Lagotto Romagnolo, nella ricerca (azione che è diventata patrimonio immateriale dell’Umanità Unesco nel 2021).
La stessa visita museale si pone come una sorta di caccia al tesoro, per cui se si completa una scheda, ricevuta in dotazione all’ingresso, con alcune informazioni raccolte si riceve un premio finale.
 

Molte curiositàMolte curiosità

Progettare un weekend lungo a Parma, magari partendo dalla città per poi portarsi in provincia a conoscere le eccellenze gastronomiche nei luoghi di elezione, attraverso i Musei del cibo e, perché no, visitare qualche produttore e pure  godere di un genuino piatto in una giusta osteria, rappresenta certamente un buon modo per comprendere quella che è stata insignita come Città Creativa Unesco per la Gastronomia.

a cura di

Simona Vitali

Parma, la sua terra di origine, e il nonno - sì, il nonno! - Massimino, specialissimo oste, le hanno insegnato che sono i prodotti, senza troppe elaborazioni, a fare buoni i piatti.
Non è mai sazia di scoprire luoghi e storie meritevoli di essere raccontati.
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