Ancora birra anche per Claudio Gatti da Tabiano (PR) per un panettone, che lui chiama
Focaccia, lievemente aromatico e molto soffice, così come l'altra sua proposta al maraschino entrambe caratterizzate dall'impiego di frutta candita a pezzettoni (pesca, albicocca, ananas e arancia) lavorata e tagliata in laboratorio, da non perdere.
Sorprendente, poi, il Panettone di Lenti da Grottaglie (TA), che si chiama
Pandolivotto, che già dal nome fa capire che è fatto con le olive. Sono olive celline della cultivar di Nardò, autoctona del Salento, queste subiscono un trattamento di dolcificazione, che dura 10 mesi, immerse in acqua, zucchero, limone e arancio, il risultato è decisamente strano, perché il dolce ha un impasto scuro, olivastro appunto e, sulle prime, quasi respinge l'assaggio, ma la curiosità è troppa ed è ripagata da un gusto unico e ricercato che fa scattare l'acquisto.
Un'ulteriore curiosità di queste olive celline è che sono particolarmente adatte per la pittura.
Sempre sul fronte delle stranezze il “
Portafortuna” di Salvatore De Riso, un lievitato, una sorta di focacciona dolce, ricca di frutta candita della costa amalfitana.
Presente anche una mia ossessione, la Offella d'oro di
Perbellini, un po' la mamma del pandoro, caratterizzata dalla presenza delle mandorle, una leccornia.
Naturalmente, in mezzo a tante curiosità utili a soddisfare una clientela sempre alla ricerca di novità, ciascuno dei 35 laboratori presenti aveva il proprio Panettone Classico e qui l'imbarazzo della scelta era evidente in tutti i golosi avventori, io, insieme all'amica MonnyB, conduttrice del Gambero Rosso, in visita da Torino, mi sono soffermato a chiacchierare con gli amici dello stand del Carcere di Padova, il laboratorio Giotto, un laboratorio di umanità prima che di pasticceria per un panettone che, come abbiamo convenuto, aveva un ingrediente in più, la solidarietà.
Aldo Palaoro