Nella carta cocktail dell’Archivio di Napoli, all’angolo tra via Scarlatti e via Morghen, un’intera sezione è dedicata ai grandi drink di sempre, come il Between the sheets, considerato un unforgettables IBA, la cui genesi riporta al cocktail Sidecar e al Proibizionismo americano, quando i barman davano vita a nuove miscele, disponendo di pochissimi ingredienti. Ma c’è anche il Corpose reviver, “un cocktail che garantisce la resurrezione”, parola di
Harry Craddock, leggendario capo barman del Savoy di Londra, che lo incluse nel suo celebre volume. E non poteva mancare il French 75, che appare in un ricettario la prima volta nel 1927, subito ripreso nel 1930 da Harry Craddock, nel "Savoy Cocktail Book", ma che forse è ancora più antico, molto simile al drink che bevve
Charles Dickens, al Parker House Hotel di Boston, nel lontano 1867. L’orgoglio partenopeo, rivive all’ Archivio Storico di Napoli, un locale innovativo, all’interno di un palazzo antico, dove andare per riscoprire i fasti della Napoli borbonica, attraverso la mixology e la grande cucina, alla luce di percorsi storici non consueti. Un luogo ispirato al periodo d’oro della storia di Napoli, culminato con l’Italia Unita del 1860, che rivive attraverso cinque sale dedicate ai Re Borbone delle Due Sicilie: Carlo, Ferdinando, Francesco I, Ferdinando II e Francesco II, e alle rispettive Regine, con un arredo d’antiquariato, oggetti d’epoca, stampe rare, un’approfondimento sui primati partenopei, e anche una ricerca sui “meridionali” divenuti celebri nel mondo. Un raffinato restauro, e un elegante arredo, miscelano i fasti della città partenopea alla creatività del designer internazionale
Philippe Starck, con la caffetteria al primo piano, l’american bar, il bistrot e il ristorante. La carta cocktail è decisamente “storica”, suddivisa in quattro paragrafi: il primo intitolato a “Le Grand Tour”, una selezione di cocktail contemporanei, dedicati ai giovani aristocratici che nel XVII secolo, viaggiavano per l’Europa e arrivavano a Napoli. Un secondo capitolo “Ricette O’ Monzù”, è una sezione drink ispirata alle ricette di pasticceria del Regno di Napoli. Il terzo un omaggio ai “Cinque re di Napoli”, con cinque cocktail dedicati ai sovrani che guidarono il Regno delle Due Sicilie. E il quarto come detto propone i grandi cocktail classici di sempre. Poi la parte ristorazione, a cui da dicembre il patron
Luca Iannuzzi, ha dato un deciso impulso, grazie all’efficace collaborazione con lo chef
Roberto Lepre, e alle nuove cucine dove vengono ripensate le ricette dei Borbone, attingendo alla letteratura lasciata dai credenzieri dell’epoca, che a Napoli erano chiamati Monzù (i grandi cuochi giunti da Parigi che ingentilirono la cucina popolare napoletana). Ecco allora la Parmigiana di melanzane, di cui si parla nel “Cuoco Galante” del 1733, redatto da
Vincenzo Corrado cuoco del ‘700, oggi riletta con il procedimento della vasocottura, o il Gattò, la cui ricetta arrivò dalla Francia in occasione delle nozze della regina
Maria Carolina nel 1768, o i “uermiculi aglio e uoglie” (ovvero gli “spaghetti aglio e olio), che riporta al testo di
Ippolito Cavalcanti del 1837, oggi diventati “Vermicelli alla Borbonica”, o i Polipetti alla Luciana, piatto della tradizione per i pescatori del Borgo Marinari di Santa Lucia, o ancora la genovese, il sartù, il soffritto, per finire con il babà, di lontane origini polacche, anch’esso reinterpretato dallo chef Lepre, intitolato con il soprannome di re Ferdinando IV “il Lazzarone”. Ricette del passato che rivivono con le moderne tecniche di oggi, e riportano l’attenzione sul periodo d’oro della storia napoletana.
Luca Bonacini
Archivio storico
Via Alessandro Scarlatti, 30
80129 Napoli NA