Il vostro personale è di vecchia solida scuola: i giovani come approcciano al mestiere, con quali aspettative?
“Negli ultimi tempi abbiamo ricevuto richieste di lavoro, diversi giovani si avvicinano a questo mestiere ma bisogna cambiare alcune regole. La prima, complice l’innalzamento dell’obbligo scolastico, è l’eccesso di iscrizioni alla scuola alberghiera considerata lo sfiatatoio di chi non ha né le idee chiare né la voglia di studiare ma purtroppo neppure l’età per lavorare; in moltissimi casi finisce a fare l’alberghiero. Poi manca quello che è il primo passo er capire se ti piace questo mestiere: sacrificio e umiltà. Cosa voglio dire? Che non è indispensabile fare gli stage di alternanza scuola-lavoro nell’alta ristorazione, anzi: sarebbe ben più utile iniziare da trattorie dai grandi numeri, dove si impara velocemente, ad esempio, a saper camminare in sala, ad apprendere il ritmo, a sorridere al cliente, a fare esercizio di lingua straniera visto che la trattoria è l’icona della cucina italiana amata dai turisti internazionali”.
Come è cambiato il cliente italiano e quello straniero, in questi anni?
“Consapevole, competente, curioso, con voglia di vivere davvero un’esperienza e qui il servizio di sala gioca un ruolo strategico. Non dimentichiamoci mai che il cliente che entra in un ristorante non è che va a mangiare in cucina, non si siede tra i fornelli. Per rendere davvero unica la sua esperienza ha bisogno del contatto con chi sta in sala, del racconto che vuole ascoltare, dei suggerimenti nello scegliere il vino. Ecco, questa cosa non può essere banalizzata al ruolo di porta-vivande. Ben venga il cuoco che fa un giro in sala ma poi il campo deve essere presidiato, e bene, da chi è preposto all’accoglienza del cliente”.