La Cassazione è intervenuta di recente in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro attraverso un'interessante sentenza (Cass pen sez. feriale, sent. 26.08.2010 n°32357) che affronta tre temi di rilevante interesse.
Il primo argomento attiene ai limiti della responsabilità datoriale di natura penale in ipotesi di infortunio sul lavoro (art. 590 c.p.): la Corte conferma il proprio consolidato orientamento secondo il quale la semplice colpa del lavoratore (intesa come imprudenza, imperizia o negligenza) non esonera il datore di lavoro dà responsabilità, essendo comunque onere di quest'ultimo predisporre tutte le garanzie necessarie e sufficienti per salvaguardare l’integrità fisica del lavoratore. La posizione di garante ex lege della sicurezza dei prestatori di lavoro impone al datore un controllo continuo e pressante affinché i lavoratori rispettino la normativa antinfortunistica e sfuggano alla tentazione di instaurare prassi lavorative di comodo non corrette e pericolose.
Tale ampia responsabilità, tuttavia, viene meno nell'ipotesi di comportamento c.d. abnorme del lavoratore, ovverosia talmente eccezionale ed anomalo da interrompere il nesso causale tra la condotta lavorativa e l'evento-infortunio. La giurisprudenza considera abnorme, ad esempio, il comportamento del lavoratore che violi con consapevolezza le cautele imposte, creando in questo modo una situazione nuova di pericolo imprevedibile e – di conseguenza – inevitabile per il datore di lavoro ovvero l'ipotesi in cui, pur nell'ambito del lavoro proprio, il lavoratore realizzi un comportamento esorbitante rispetto alle mansioni affidategli (ad esempio dedicandosi a macchina diversa da quella affidatagli).
La Corte, in seconda battuta, precisa altresì che detta responsabilità penale può essere ricondotta al datore solamente quando, oltre al nesso causale, sussista altresì un aspetto soggettivo di responsabilità colposa, stante l'acclarata mancanza di quelle cautele che, se adottate, sarebbero valse a neutralizzare anche il rischio del comportamento negligente del lavoratore infortunato.
Infine la sentenza affronta il terzo principio rilevante, improntato sul ruolo del RSPP. Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è una figura necessaria nel panorama lavoristico nazionale; il RSPP è figura ausiliaria al datore di lavoro, da questi nominata al fine di valutare, stante la specifica conoscenza professionale del settore, la presenza di rischi, la loro consistenza, le metodologie di gestione e minimizzazione degli stessi. Spetta al RSPP nel suo ruolo di “consulente privilegiato” del datore di lavoro segnalare i rischi in materia di sicurezza e suggerire le azioni correttive al datore di lavoro che, tuttavia, conserva il proprio ruolo di garante ex lege dell'incolumità dei lavoratori.
La nomina (necessaria ex lege) del RSPP non può pertanto influire sulle responsabilità originarie ed esclusive del datore di lavoro e non va confusa con la delega delle funzioni che il datore può conferire a terzi al fine di sgravare il proprio ruolo da compiti che non è in grado di gestire direttamente per le più disparate ragioni. La delega di funzioni, in sostanza, nulla ha a che fare con la nomina del RSPP che, quale semplice ausiliario del datore di lavoro, non è mai chiamato a rispondere direttamente in prima persona degli infortuni sul lavoro.