Il Centro studi: la scuola interna
Fino a una dozzina di anni fa accadeva che diversi ospiti della comunità si presentassero come privatisti agli esami di stato presso alcune scuole superiori della provincia. Il crescente interesse in questa direzione ha portato a predisporre un progetto formativo interno a San Patrignano, funzionale al conseguimento dei diplomi ritenuti più interessanti per il percorso dei ragazzi: alberghiero (sala e cucina) e servizi sociali.
Così, dopo la sottoscrizione di una convenzione tra le Scuole interessate (Istituto S. Savioli di Riccione e Istituto Versari di Cesena), l’Ufficio Scolastico regionale e la Comunità di San Patrignano, ha preso vita il Centro Studi di San Patrignano, coordinato dalla prof.ssa Deanna Michelini.La regola dice che agli ospiti sia è dato di avanzare richiesta di accesso al percorso scolastico solo dopo due anni di comunità, quando ne mancano due all’uscita. L’accettazione non è automatica, devono esserci le condizioni. La scuola è un premio, oltre che un ulteriore riscatto. E anche una scelta responsabile, che -tempo che inizi- può allungare la permanenza in comunità anche di cinque o sei mesi. Quindi i richiedenti debbono mettere in conto di finire eventualmente più tardi il loro percorso. Una scelta di maturità.
Per molti si tratta di integrare un percorso di studi precedentemente interrotto, per cui
si è strutturato un programma di formazione che si concentra su due anni intensivi (terzo e quarto accorpati e quinto), preceduti da un periodo di recupero individuale non indifferente, per un allineamento al programma. Tra alberghiero e servizi sociali la scelta cade in prevalenza sul primo. Sono sette i docenti in comando presso il Centro studi. A tutti, oltre ad insegnare nozioni e competenze, è richiesto principalmente di essere veri.
La spinta motivazionale di chi decide di di studiare
“I ragazzi sono giudici imparziali – racconta la prof.ssa di cucina Cristina Lunardini – riescono a capire subito se uno ha delle maschere, loro che ci hanno convissuto per tanto tempo. Non puoi nasconderti. Dal canto mio ho maturato una sensibilità diversa, ho imparato a cogliere gli sguardi, lo sguardo dice molto… non tutti i giorni sono uguali, in questo cammino di faticosa risalita. Qui la prima cosa è il dialogo, non si lascia correre (noi stessi siamo in costante contatto con gli educatori della comunità)”.
Un vulcano questa donna, tanta vita in quegli occhi che corrono su molti progetti, dentro e fuori la scuola. Bisogna vederla in cucina insieme ai suoi ragazzi: una trascinatrice!
“L’attività manuale ci aiuta a distrarci dai pensieri. – dice - Io ho l’abitudine di spiegare, parlo anche molto, poi devono fare loro! Guarda, impara e rifai: funziona!” Va visto come ciascuno si dedica al suo piatto. La possibilità di fare esperienza sul campo in Vite, il ristorante aperto al pubblico, consente ai ragazzi di smussarsi e crescere ulteriormente.
Il Centro studi è una ridente struttura, anch’essa calata nel verde. Dalle aule non è improbabile assistere a scorribande di scoiattoli. Nell’ultimo piano è stata allestita una luminosa biblioteca, a cui i ragazzi possono accedere anche una sera la settimana. Qui la Regione Emilia-Romagna ha aperto un polo tecnologico dell’Università telematica Nettuno, fruibile anche dagli esterni.
“C’è una forte spinta motivazionale in chi decide di riprendere gli studi, una grande voglia di riscatto” osserva Deanna Michelini, che dagli inizi coordina il Centro Studi, orgogliosa dei suoi ragazzi, da cui è davvero molto amata. “Il tempo per loro ha un valore diverso, hanno fretta di riconquistarsi la vita” osserva la prof Lunardini che aggiunge: “non dimentichiamocelo che sono figli nostri”.
Un’accoglienza spassionata
Sulla collina si può star certi di trovare da sempre un’accoglienza spassionata, di quelle che spalancano le porte con assoluta gratuità: nessuno paga e tutti ne possiamo beneficare, chi per potere rinascere, chi per raccogliere insegnamenti attraverso preziose testimonianze (vedi l’immane lavoro di prevenzione con 50.000 studenti, ogni anno!).
“Si è abbassata l’età media degli ospiti, sempre più giovani (in pochissimi superano i 30 anni. Prima la forbice era tra i 30 e i 50 anni ). - denuncia con preoccupazione Bezzi - I ragazzi ci cadono dentro inconsapevolmente: è questo che deve allarmare”.
Ci sono costi incredibili da sostenere per tenere viva questa cittadella dell’accoglienza, che ha sì diverse attività produttive in essere ma ciò che non si calcola mai sono le dispersioni: un ragazzo prima di arrivare a fare bene il lavoro, considerando i suoi forti alti e bassi iniziali, è capace di impiegarci un anno e mezzo.
Ricordiamocelo, ricordiamo San Patrignano e facciamogli sentire che ci siamo!
Simona Vitali