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Storie di “restanza” a Caselle in Pittari, coltivando “i grani del futuro”

13/03/2024

Storie di “restanza” a Caselle in Pittari, coltivando “i grani del futuro”

FOTO dell'articolo di:

Pio Peruzzini, Giuseppe Rivello, Giuseppe Pellegrino, Gaetano Barbella, Anna Rizzo

 

Come ancora succede nei piccoli paesi del Sud Italia, appena laureato in sociologia Antonio Pellegrino emigra al Nord. Va a vivere a San Miniato, in Toscana, dove c’è una comunità Cilentana, e finisce per fermarsi quattro anni con diverse esperienze lavorative. Nel frattempo arricchisce la sua coscienza politica partecipando al G8 di Genova dove si interessa ai temi dell’omologazione globale, ai diritti degli “ultimi”, l’annullamento del debito, la Tobin tax. Poi decide di tornare al proprio paese, Caselle in Pittari, nel Parco Nazionale del Cilento (Patrimonio Unesco) con l’idea di mettere in moto qualcosa ricominciando dalla terra. Riparte dai ricordi legati alla sua adolescenza con la famiglia dei nonni, quando ancora la mietitura del grano si faceva a mano e si chiede perché non creare un Palio Del Grano. Nel 2005 riesce a realizzare la prima edizione, una gara di mietitura a mano che vede coinvolti gli otto rioni del paese.

Antonio PellegrinoAntonio Pellegrino

Il Palio Del Grano ogni anno affronta temi diversi come quello dell’innovazione, perché sei innovativo solo se hai qualcosa da conservare, come fa Matteo col suo Forno di Calzolari e la Comunità del Grano Alto a Monghidoro. Il loro Appennino è molto simile a quello di caselle in Pittari, anche a causa dell’abbandono delle zone rurali montane. Le azioni delle due comunità vengono attuate al di fuori di ogni ideologia brandizzante perché dietro al termine grani antichi si è riversata una catena emotiva che mobilita aspetti estetizzanti adatti solo ad attrarre like. 

Nel 2008 viene creata la prima Biblioteca del Grano iniziando la salvaguardia seminativa delle varietà locali. Partono con quattro varietà, oggi in quel campo-biblioteca ci sono 152 accessioni, chiamate così perché numerose sfuggono alle forme di catalogazione attuali, quindi non figurano nel Registro Nazionale. Ogni anno seminando la “Biblioteca” formano un disegno. L’anno scorso era un labirinto al cui centro c’era il farro monococco da cui partiva il racconto dell’evoluzione dei cereali nei secoli, dal bicocco allo spelta, per arrivare a compiere l’atto politico di mangiare il pane dei loro grani del futuro, recuperati dal passato ma proiettati nel futuro. 

La Biblioteca del Grano 2023La Biblioteca del Grano 2023

Fin da allora cominciano ad offrire gratuitamente agli agricoltori locali il grano di vecchie varietà recuperate, richiamandosi all’antica tradizione dei “Monti Frumentari”. A loro chiedono l’impegno a non trattarlo come le varietà moderne escludendo l’uso di sostanze chimiche e raccogliendo informazioni sulla crescita del seminato in “un quaderno di campagna”, impegnandosi al momento della trebbiatura a restituire alla cooperativa la quantità di grano ricevuto a suo tempo. Una parte del raccolto viene conservata per la successiva semina e una parte utilizzata per produrre farine di grano tenero, duro e farro per i ristoratori e i commercianti del Cilento attraverso la Comunità del Cibo Slow Food Grano di Caselle, creando una filiera in cui gli agricoltori tornavano a essere protagonisti del sistema di produzione alimentare di quel territorio.

Nel 2012 viene costituita la Cooperativa Sociale Terra di Resilienza per rilanciare la coltivazione di quelle vecchie varietà locali e arrivare a preparare il pane con le farine che ne derivavano. Oggi conta 21 soci e il 30% del lavoro viene svolto da soci cosiddetti svantaggiati, favorendo l’inserimento lavorativo di persone con dipendenze, disagio sociale, disabilità. Quanto adottarono nel nome il termine resilienza la gente pensava che volesse dire residenza. Così cominciarono ad affiancarla con restanza che, negli studi antropologici, fa riferimento alla condizione di chi decide di restare nel Sud d’Italia, rinunciando a recidere il legame con la propria terra e la comunità d’origine non per rassegnazione, ma con senso etico e un atteggiamento propositivo. Erano fortemente convinti che restare nel Cilento fosse una condizione di vantaggio, non di svantaggio, in paesi con forti valori ambientali, senso comunitario, senza pressioni industriali. 

Per loro era importante la catena emotiva con cui vivere nella propria terra e con la sua memoria storica. Bisognava davvero tornare a mangiare il proprio pane gestendo i seminativi e continuando a coltivare anche le proprie lingue dialettali. Per questo si può affermare che la cooperativa si occupa di produzione culturale prima ancora che di produzione di beni materiali. 

Costituzione dellCostituzione dell'Associazione Il Forno di Vincenzo

Nel loro percorso si appoggiano anche all’Università del Sannio partecipando a un progetto che si chiama POIGA -Progetto Operativo Innovativo Grani Antichi – finanziato dalla Misura 16.1.1 azione 2 del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 della Regione Campania. Così hanno iscritto al Registro Regionale (in attesa dell’iscrizione a quello nazionale) una varietà di grano tenero recuperata nell’ambito dei lavori nella Biblioteca che si chiama Ianculedda di Caselle in Pittari. Partner del progetto, oltre alla cooperativa Terra di Resilienza, sono: Mulino Resce, Azienda Agricola Veronica Iannelli, Azienda Agricola Riccio Carmela, Azienda Agricola Leppa Margherita, Azienda Agricola Montemarano Maria Grazia. Il progetto si è occupato della valorizzazione economica di alcuni grani tradizionali (Saragolla, Marzellina, Romanella e Ianculedda), caratterizzati da importanti valori nutrizionali e da significativi attributi di sostenibilità.

In un crescendo di idee e nuovi progetti, nel 2017 si arriva all’apertura del mulino della cooperativa, il Monte Frumentario grazie a un finanziamento di 40.000 Euro da parte della Chiesa Valdese, quasi la metà della cifra necessaria, per il resto hanno acceso un mutuo in banca. Il Mulino ha uno standard di funzionamento adeguato al contesto lavorando regolarmente anche per conto terzi ed è redditizio per coprire i costi di gestione e manutenzione, il salario del mugnaio e per pagare le rate del mutuo. Una piccola voce d’entrata proviene dalla commercializzazione delle farine che diversi ristoratori della zona hanno cominciato a utilizzare con soddisfazione.

Mulino Monte FrumentarioMulino Monte Frumentario

Ultimo nato è Il Forno di Vincenzo, un forno sociale di comunità a Eboli. Vincenzo è un ragazzo “speciale” con la sindrome della X fragile. Il suo è un percorso iniziato producendo La Farina di Vincenzo. Poi è nata l’idea di creare il suo forno grazie al bellissimo impegno della sua famiglia e dei soci dell’Associazione Il Forno Di Vincenzo costituita nel 2018.
Così lui stesso si presenta sul sito www.ilfornodivincenzo.it 


Sono Vincenzo Bardascino, ho 27 anni, la prima volta che ho fatto il pane ero un bambino, impastavo a mano con i nonni in campagna. Ho frequentato l'Istituto Alberghiero di Vallo della Lucania, dove ho imparato a cucinare ricette rustiche e dolci.  

Ho imparato dai convegni di Giampiero Griffo e Salvatore Nocera che è importantissimo l'empowerment per le persone con disabilità ed ho deciso di realizzare il "Forno Sociale".

Mi sono emozionato tantissimo quando Massimo Cariello mi ha consegnato le chiavi del locale che il Comune di Eboli mi ha assegnato e immagino che bello il locale nuovo nuovo e l'insegna "il Forno Sociale" con sotto il Comune di Eboli. 

Per adesso faccio il pane il martedì ad Eboli presso Vico Rua ed il venerdì a Calvanico all' Incartata, là c'è la storia del "Forno Sociale”.

Vincenzo nel suo fornoVincenzo nel suo forno

Si riferisce alla Residenza Rurale Incartata, nel piccolo paese montano di Calvanico. È là che ha avuto origine l’dea del "Forno Sociale" sostenuta dalla famiglia del giovane e dall’Associazione che si è costituita dando anche vita a un crowdfunding fino a che il Comune ha messo a disposizione il locale dove ora lui fa il pane due volte alla settimana usando le farine del Monte Frumentario. È una bella storia questa perché le famiglie del paese mangiano il pane che fa Vincenzo. Ci vuole forza, ma la sua famiglia è riuscita a trovare un percorso di riscatto trovando supporto anche nella cooperativa Terra di Resilienza.

a cura di

Bruno Damini

Giornalista scrittore, amante della cucina praticata, predilige frequentare i ristoranti dalla parte delle cucine e agli inviti nei salotti preferisce quelli nelle cantine. Da quando ha fatto il baciamano a Jeanne Moreau ha ricordi sfocati di tutto il resto.

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