Se avete visto The Bear, la serie su Disney+ più amata del momento, le domande che vi sarete posti saranno innumerevoli: questa è la vita di uno chef? Succedono queste cose dietro le porte della cucina di un ristorante? Come si fa ad aprire e richiudere barattoli di conserva senza segni tangibili, o meglio semplicemente come si fa a richiuderli?
The bear racconta la vita di un giovane cuoco, Carmen “Carmy” Berzatto, italo-americano, che, dopo aver trascorso un periodo in una delle migliori cucine francesi, si ritrova a gestire la paninoteca del fratello, morto suicida, a Chicago, convinto di potervi portare i metodi perfetti della cucina stellata.
Ovviamente non è così, i dipendenti e il cugino Richie si indignano perché così si stravolge l’identità popolare del locale. Solo con l’arrivo, breve, di Sidney, una giovane cuoca che ammira Carmy, si riuscirà a dare una svolta all’organizzazione della cucina.
Una svolta che determinerà l’essenza stessa della serie tv: quella di far capire che, lì dentro, c’è tutta la famiglia che Carmy ha cercato.
La storia è bella per diversi motivi: intanto i protagonisti sono bravissimi, tutti, e non sono patinati; la dimensione è purtroppo vera, molte cucine nel mondo sono ancora così, che si tratti di una paninoteca o di un ristorante, disordinate, sporche, mal funzionanti, con una dispersione di risorse che è folle; la dimensione però è quella degli affetti, anche quando si mandano al diavolo tra di loro.
Forse sta in questo il grande successo di questa serie, di cui è già previsto il seguito e di cui non vi raccontiamo il finale sorprendente. Una serie che, in certi tratti, si rifà all’immaginario urbano dei migliori film di Martin Scorsese, da Taxi Driver a Mean Streets.
The bear vale la pena di vederlo, non fosse altro che per capire come il mestiere del cuoco non è patinato, non è lustrini e paillettes, è ancora una professione complicata, faticosa, che non offre vita sociale ma che infonde passione e crea una visione degli affetti forse distorta ma reale, concreta, solidale tra quanti lavorano a stretto contatto per ore e ore in luoghi ancora, purtroppo, angusti.