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Torino, riservata ma dal cuore grande (Prima parte)

03/03/2022

Torino, riservata ma dal cuore grande (Prima parte)

Se, nell’immaginario comune, per Torino, viene in mente uno stile nato dalla parsimonia e da una fantasia contenuta, ebbene, è ora di ricredersi. Questa città sta attraversando un momento di grande vivacità, malgrado la pandemia, o forse proprio in seguito ad essa. Vive una sorta di rinascita intellettuale e imprenditoriale che annuncia innovazione e intraprendenza, ma sempre con buon senso. 

Basta fare un giro per la città per accorgersi che c’è fermento: chi arriva in treno a Porta Nuova si trova immerso in 2000 mq destinati all’ospitalità tra ristoranti, chioschi e spazi dove il cibo fa da padrone. È la novità eclatante di una riqualificazione della stazione ferroviaria che, recuperando il concetto di rigenerazione urbana in auge in molte città italiane, punta a offrire un insieme di proposte che va oltre il bar per diventare aggregazione e esperienza turistica. 

In città altre novità si affacciano: Gino Sorbillo apre il suo ventesimo locale ed ecco la pizza napoletana più alla moda anche a Torino; la storica Focacceria San Francesco è attesa a breve. Ma è dalla ristorazione di alto livello che arrivano notizie succose, come l’apertura del nuovo ristorante della famiglia Alciati, dentro la Grande Enoteca di Eataly Lingotto; si chiama Giù da Guido e segue la filosofia dello stellato di Fontanafredda nel proporre la sua cucina pregiata, di altissima attenzione alle materie prime, curata nella forma e nella sostanza come i suoi indimenticabili plin.

Il vitello tonnato de Le Vitel EtonnéIl vitello tonnato de Le Vitel Etonné

Dalla fiducia alla fedeltà, a Torino 

“Il cliente torinese è un essere umano alquanto difficile, refrattario ai cambiamenti e diffidente delle novità, ma se lo conquisti, ti sarà fedele per sempre”. Luisa Pandolfi lo sa bene. Il suo ristorante – Le Vitel Etonné – in centro città, è uno dei ristoranti tradizionali storici di Torino e lei conosce i suoi concittadini; li accoglie nel suo locale da molti anni e loro non l’hanno abbandonata, neppure durante la pandemia. 

“Tutti i locali torinesi presenti in città da molti anni – spiega Luisa – possono contare su una clientela estremamente fidelizzata: il torinese viene da noi perché si fida, e questa è stata la chiave di volta. Non ci hanno abbandonato ma supportato. Bisogna comprendere una cosa: il torinese è fondamentalmente cauto e diffidente, un po’ chiuso e riservato. Ma è capace anche di grande generosità, è affettuoso e disponibile. Chi riesce a scalfirne la corazza trova un cuore grande. Ognuno di loro si è dimostrato collaborativo, secondo le sue personali disponibilità, anche economiche, e ha sostenuto le iniziative di asporto, le modifiche alle modalità di consumo, anche a livello emotivo, dimostrando affetto e partecipazione. Questo è molto gratificante per noi, significa che hanno compreso il rapporto che abbiamo instaurato negli anni, fondato su rispetto e comprensione, e ci hanno contraccambiato con la fedeltà”. 

Discrezione e naturale riservatezza sono caratteristiche imprescindibili nella natura del torinese, eppure ci sono grandi novità e la città e i suoi abitanti evolvono in maniera sorprendente. Solo che nessuno lo sa perché nessuno lo dice. “Tanti giovani imprenditori stanno aprendo attività – conferma Luisa Pandolfi – e imprenditori più maturi pensano a raddoppiare la proposta. È un segno della vivacità di Torino, che si sta mettendo alla prova: se idee e iniziative passano in sordina è perché siamo schivi e spigolosi. Non è un difetto, dalla lentezza viene la fidelizzazione, e quella rimane”. 

Le Vitel Etonné non ha cambiato il suo modo di fare ristorazione, non ce ne è stato bisogno.
“Non ho voluto fare delivery – spiega Luisa – non lo ritengo un modo soddisfacente di fare ristorazione. Ho proposto, già dal 2016, la vendita di pasta fresca, una delle nostre specialità, come un pastificio, e questo ha avuto successo, facendoci guadagnare visibilità. Per il resto ho mantenuto la nostra identità basata sull’accoglienza e la qualità”. 


L'articolo continua qui: Torino, riservata ma dal cuore grande (Seconda parte)

a cura di

Marina Caccialanza

Milanese, un passato come traduttrice, un presente come giornalista esperta di food&beverage e autrice di libri di gastronomia.
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