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Tra le pieghe del bilancio di un ristorante

19/09/2016

Tra le pieghe del bilancio di un ristorante
Ristorante: una parola che per la maggior parte della popolazione è associata al proprio tempo libero, al divertimento, a una passione. Per chi gestisce un ristorante dovrebbe indicare principalmente una parola: business. Uso “principalmente" perché è chiaro che chi lavora all’interno di un locale deve avere una buona dose di passione Il concetto è molto chiaro all’estero mentre è molto meno radicato in Italia, dove, ormai il dato è sdoganato, molti ristoranti stellati, e non solo, risultano essere in perdita. Ma business e perdita non vanno mai a braccetto, se non dal curatore fallimentare. Il commercialista Gianpaolo Guarneri, dello studio Guarneri di Milano e Abbiategrasso, segue le contabilità di diverse realtà della ristorazione con cui è venuto in contatto grazie alla sua passione per la buona cucina; ed è con lui che iniziamo questo percorso tra le pieghe delle buone prassi di bilancio.
“In una cucina che si rispetti al primo posto c’è la materia prima. E’ fondamentale sceglierla di prima qualità, nonostante pesi per il 25-30% del fatturato: è il core business del ristorante, e una delle maggiori incidenze insieme al costo del personale (un altro 30%) e alle utenze (ben il 15-20% del fatturato), che rappresentano i costi diretti dell’azienda” afferma Gianpaolo Guarneri.
Già, non ci sono buoni margini, anche se questi sono dati medi: per una pizzeria il costo delle materie prime inciderà sicuramente molto meno, l’abilità sta nell’acquistare le materie ad un buon rapporto qualità prezzo, bilanciando il rischio del deterioramento. Chiaramente per abbattere il costo unitario avrebbe senso fare magazzino, ma bisogna stare attenti a non entrare in crisi di liquidità: un esempio da manuale è dato dai ristoranti con cantine importanti e migliaia di euro immobilizzati perché non si riesce a vendere quel vino in cui si è investito. Il capitale c’è, ma non la liquidità per pagare le bollette. Da un punto di vista finanziario si sta realizzando un incremento dell’indebitamento.
Tra le pieghe del bilancio di un ristorante
Imparare a gestire i costi secondo la regola delle formiche
Per coprire i costi di gestione molti ristoranti stellati hanno deciso di tenere aperto anche a pranzo, applicando delle tariffe più basse: ad esempio, il bistellato Il luogo di Aimo e Nadia a Milano propone un menu lunch a 39 euro. Altri si accordano con i dipendenti a lavorare su più turni o svolgendo diverse mansioni, in questo modo però si rischia di perdere la qualità: una cameriera che occasionalmente cucina e che lavora su doppi turni non potrà mai accogliervi con il giusto sorriso.
“Nel costo del personale è buona e utile abitudine calcolare anche il proprio lavoro, se si parla di chef e imprenditori, calcolato in modo congruo a quello di mercato. Questo stipendio deve essere duplicato o triplicato per remunerare il ritorno sul capitale investito o sul lavoro (il capitale umano) che presuppone il rischio dell’attività imprenditoriale e per saldare gli interessi passivi con le banche, se si è contratto un mutuo” continua Guarneri. Se non lo avete mai calcolato o risulta allineato a quello dei vostri dipendenti, è giunto il momento di fare qualche conto.
A questi costi diretti si dovranno sommare gli indiretti, che sono tutt'altro che trascurabili: qui finisce per esempio il costo dell'affitto e gli oneri della gestione accessoria, come la tassa sui rifiuti. “Tanti gestori si dimenticano di una tassa che può pesare anche 10.000 euro all'anno perché è calcolata seconda una parte fissa relativa ai metri quadri del locale e una variabile in base ai rifiuti, ovvero al giro della clientela. Paradossalmente se un locale di grandi dimensioni non lavora, dovrà pagare una tassa sui rifiuti molto alta” ricorda Gianpaolo Guarneri.
In ogni caso un avviso ai ristoratori: non pensate di poterla fare franca con lo Stato.
“Studi di settore fotografano il locale e calcolano un fatturato potenziale, secondo dei calcoli medi sul prezzo per portata e l'affluenza: ecco un buon motivo per non abbassare troppo i prezzi per portata, ma puntando sulla qualità. Altro strumento caro all'Agenzia delle Entrate è il cosiddetto  tovagliometro, ovvero monitorare il numero di tovaglioli lavati, rapportato al numero degli scontrini emessi. Non voglio creare allarmismi ma volendo ci sono molti modi per disincentivare il nero che fino a una decina di anni fa era una pratica corrente” ricorda Guarneri.
Tra le pieghe del bilancio di un ristorante
Mol, Edibta; come tradurre i termini
Spingendoci oltre siamo arrivati a calcolare il Mol, ovvero il Margine Operativo Lordo:  un indicatore di redditività che rileva i proventi di un'azienda al lordo di interessi, tasse, ribasso di beni e ammortamenti, in inglese detto EBITDA (Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization). Quanto incide l'ammortamento? Dipende chiaramente dai macchinari di proprietà (il leasing rientra invece nei costi diretti di gestione) che possono venire ammortizzati al 15% per circa 6-7 anni, che sia una cucina oppure un frullatore, secondo la legge non ci sono grosse differenze, dato che entrambi sono indispensabili per la gestione dell'azienda, anche se un bravo ispettore potrebbe chiedervi per quale motivo state ammortizzando uno spremi agrumi che è durato una stagione prima di fondersi. Se l'ammortamento pesa per il 10% sul fatturato, gli oneri finanziari dovuti a mutui e interessi passivi mangiano il 5% del residuo. Togliendo il 65% del fatturato i costi diretti, si arriva al un 20% rimanente, prima delle tasse.
“Un altro piccolo accorgimento: non sottovalutiamo l'imposta sulla pubblicità che varia se si ha un'insegna di grandi dimensioni e aumenta se fosse al neon, oppure l'incidenza di quella sull'occupazione dello spazio esterno al comune”, ora potete calcolare le tasse “canoniche” sulla vostra attività.

La gestione familiare
“Noto che diversi ristoratori hanno una gestione economica corrente che definirei a cash flow e questo è molto rischioso, perché parte della liquidità che entra per cassa deve essere pensata come accantonamento per le rate delle tasse. Dalla mia esperienza trovo vincente e sono convinto che non morirà mai l'imprenditoria basata su una gestione familiare e oculata del ristorante. Non è corretto che l'imprenditore non recepisca uno stipendio, ma certamente in questo modo si salvano le sorti di un ristorante. Tutto ciò ha senso se si pensa nel breve periodo, non funziona a lungo termine”. Altri consigli? “Se possibile limitare gli investimenti, non obbligarsi ad acquistare in quantità le materie prime e usufruire del conto vendita. Altra pratica diffusa è contrattare con i fornitori sui tempi di pagamento”.
Per capire se il vostro ristorante è un'attività che ha un senso dal punto di vista economico bisognerà confrontare il vostro ROI (indice che calcola la redditività e l'efficienza economica della gestione caratteristica) con quello di altre realtà economiche a parità di rischio. Se avete finanziato interamente il ristorante con il vostro capitale si parla di ROE ( return on common equity, indice di redditività del capitale proprio) .Per fare un esempio se il vostro ristorante ha una redditività inferiore a quella del mercato immobiliare, a parità di rischio, forse vi conviene investire il vostro denaro in qualcosa che non ha bisogno di una manutenzione così importante per funzionare. Purtroppo però il valore della gestione di un ristorante, il cosiddetto avviamento, si quantifica solo nel momento del realizzo, ovvero quando si cede a altri l'attività.
Tra le pieghe del bilancio di un ristorante
Le attività più redditizie
Perché tanti investono in pizzerie e gelati? Per l'alta marginalità che danno questi prodotti: una buona pizza margherita può arrivare a costare un euro e viene venduta a 5-6 volte il suo valore, gli unici costi diretti da tenere presente sono il forno e un pizzaiolo esperto. Allo stesso modo un gelato che può costare 2-3 euro al chilo viene venduto senza problemi dai 16 ai 20 euro al chilo: i costi di gestione del personale e delle attrezzature sono molto limitati se si parla di catene, con una sede centrale di produzione. Ma la nuova tendenza delle gelaterie è differenziare offerta: proporre per il pranzo insalate e qualche piatto freddo o caldo, in modo da lavorare anche nel momento in cui il prodotto principale non è così richiesto.
Cosa ci aspetta dal futuro? “Resisteranno le trattorie familiari e le catene che diversificano: se penso a Milano mi viene in mente Giancarlo Morelli, che dopo il suo stellato Pomiroeu ha aperto anche trattoria Trombetta, come ha fatto Sadler con il suo Chic 'n Quick o ancora Stefano Cerveni con il Vista Darsena e alla Terrazza Triennale. Altro esempio di business è Enrico Bonocore che ha aperto diversi format ristorativi sotto il nome Langosteria: riesce a dare un servizio di copertura in orari e giorni in cui gli altri ristoranti sono chiusi, si amplia il target della clientela e si attinge a un bacino diverso di utenza dovuto alla posizione” conclude Gianpaolo Guarneri.

Camilla Rocca
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