Qui si rese conto che il fior di latte nessuno lo conosceva e, con l’armistizio dell’8 settembre, prendendo la strada delle montagne per unirsi ai partigiani, si accorse che esistevano stalle che potevano produrre enormi quantitativi di latte, molto di più di quello che lui, figlio di casari dei Monti Lattari, avesse mai visto fino a quel momento.
Non dimenticò mai quella visione e, finita la guerra, tornò per sempre a Novara, con sua madre Mamea ‘a casettara, il fratello Amedeo e un casaro di Tramonti, Giuseppe Mandara. Iniziò da subito a produrre fior di latte, nell’appartamento in cui abitavano tutti, andando poi a venderlo a Milano, con le mozzarelle nei cesti fatti con le scorze di castagno, per cui gli artigiani di Tramonti erano specialisti.
Le botteghe gastronomiche compravano volentieri questo prodotto sconosciuto, ma il problema era la veloce deperibilità, non esistevano ancora i frigoriferi, e il giorno dopo l’invenduto ritornava indietro. Questo era un problema che necessitava di una soluzione. Intanto dall’appartamento i fratelli Giordano, con il casaro Mandara, aprirono un piccolo caseificio a Oleggio.
Un dramma colpisce nel frattempo Luigi Giordano: la perdita del suo bambino di due anni, proprio in quel caseificio che cominciava ad essere conosciuto. Un dolore immenso che gli impedì di rimettere piede nel caseificio per molto tempo, pur restandone socio con il fratello Amedeo. Fu in quel periodo che a Luigi venne in mente la soluzione per non avere più la quantità di reso del fior di latte: venderlo alle pizzerie.
Con questa intuizione aprì la prima pizzeria di Tramonti, nel 1951, a Novara chiamandola A’ Marechiaro. Da allora fu un susseguirsi di aperture nel Nord Italia grazie al fatto che Luigi Giordano mise in piedi un’efficientissima organizzazione che lo portò ad aprire, in un decennio, 70 pizzerie in una sorta di franchising dell’epoca.
Aveva un uomo che selezionava le famiglie di Tramonti che volevano emigrare, un altro che organizzava il viaggio e, infine, una piccola equipe di formatori che insegnavano, in pochi giorni, a questi contadini di Tramonti a fare la pizza. Luigi Giordano, detto Giggino, autofinanziava tutto: il trasferimento, la casa dove abitare, l’apertura della pizzeria.
I locali venivano scelti da Luigi Giordano secondo un preciso criterio: città che avevano caserme e il locale doveva essere collocato tra queste e la stazione ferroviaria. Inoltre la dimensione del locale veniva creata sulla grandezza del nucleo familiare che l’avrebbe gestita. Ogni locale, in più, aveva identici gli interni per rafforzarne la matrice di Tramonti e solo alcuni nomi potevano essere applicati a queste pizzerie, per affermarne l’origine: Piedigrotta, Marechiaro, Vesuvio, Capri tra questi. Unico obbligo: usare il fior di latte del Caseificio Giordano.
Alle settanta famiglie se ne aggiunsero altre; altri casari salirono al nord ma l’impronta identitaria iniziale fu data da Luigi Giordano.
Una storia che è stata oggetto di studio da parte della facoltà di antropologia culturale ed etnica dell’Università di Torino che ha definito il fenomeno Tramonti come emigrazione attiva, cioè persone che hanno lasciato la loro terra con un progetto di successo. Ad oggi sono circa 2000 le persone che da Tramonti hanno emigrato diventando pizzaioli.
L’Associazione Pizza Tramonti
La storia di Luigi Giordano, molto sintetizzata, mi è stata raccontata da Giuseppe Giordano: emigrato di seconda generazione, titolare della pizzeria Piedigrotta ad Alessandria, ideatore de Il Pizz’ino (una cottura brevettata della pizza che prevede la base a contatto con il forno e il cornicione stretto da un tegamino sfondato), e segretario della neonata Associazione Pizza Tramonti.
“L’associazione è nata per mantenere vivo il ricordo del percorso che la pizza italiana ha fatto grazie a Tramonti. – afferma Giuseppe Giordano – Infatti la pizza di Tramonti che, all’inizio, aveva un impasto integrale con finocchietto selvatico all’interno, ha affermato in Italia la croccantezza dell’impasto, quello che adesso è definito come crunch, (Renato Bosco, che è uno dei principali fautori della pizza crunch, ha mosso i suoi primi passi in una pizzeria gestita da persone di Tramonti), grazie ai tempi di cottura ben diversi da quella napoletana verace. Nelle città del Nord Italia è sempre stato difficile avere forni a legna e quelli elettrici non superavano i 350 gradi di temperatura, quindi anche le cotture dovevano avere tempi diversi, più lunghi ma più amalgamati nel prodotto finito”.
Si può quindi dire che la pizza classica italiana trae le sue formule dai pizzaioli originari di Tramonti?
“E’ quello che vogliamo definitivamente affermare con la nascita dell’associazione. – continua Giuseppe Giordano – Dal 195i sono stati quasi tremila i pizzaioli di Tramonti sparsi in Italia e nel mondo. Oggi, da una nostra ricerca ancora empirica, sono almeno 800 quelli che in Italia sono originari di Tramonti. L’obiettivo è radunarli tutti nell’associazione per dare giusta voce alla storia e giusto valore a quelle famiglie di artigiani che hanno fatto davvero tanto per la pizza, perché questo è un prodotto semplice ma farlo bene richiede una grande esperienza e, soprattutto, una grande storia”.
Ad oggi, in pochi mesi, l’associazione ha raccolto 70 adesioni, grazie all’entusiasmo dei fondatori e dei dirigenti: il presidente Vincenzo Savino, vicesindaco di Tramonti e propugnatore della De.Co., i vicepresidenti Giovanni Mandara, della pizzeria Piccola Piedigrotta di Reggio Emilia, e Carmine Nasti, della pizzeria Capri a Bergamo, di Francesco Giordano, responsabile tecnico dell’associazione, della pizzeria Serenella di Brescia e di Giuseppe Giordano, della pizzeria Piedigrotta di Alessandria. La strada è lunga, ma la partenza è perfetta.
Luigi Franchi