Il prosciutto crudo
“Per noi vendere prosciutti significa avere clienti, nella ristorazione e nelle gastronomie di qualità, che sappiano condividere la nostra filosofia. Infatti abbiamo una rete di distribuzione diretta dove seguiamo il cliente passo passo, cercando di dare a ognuno il prosciutto più adatto ai suoi bisogni” afferma Carlo Dall’Ava, appena inizia il percorso all’interno di uno stabilimento creato per dare alla materia prima tutte le possibilità per essere la migliore. Sale di stagionatura che sembrano gioielli, dove tutto è perfettamente in ordine, la temperatura è costante, i prosciutti ‘felici’.
“Vedi quella specie di polvere che c’è a terra, sotto le file ordinate di prosciutti? Non voglio mai che sia tolta e neppure toccata. Non è polvere ma sono minuscoli acari che mangiano le muffe della stagionatura e poi restano lì. Fanno un grande lavoro, sono importanti al pari della temperatura di queste stanze, dove c’è un bilanciamento dell’aria che ricrea quella esterna dove, negli anni ’50, stagionavano i prosciutti. Ora il clima è cambiato fuori, ci sono estati con temperature eccessive. Qui, invece, non si accelera il processo, lo si rende migliore”.
Il maiale che viene utilizzato per il San Daniele DOP è lo stesso che per il Parma, quali sono dunque le differenze? E come si gestisce, in una cucina di ristorante, un prosciutto?
“Non si riconoscono se non ad un assaggiatore più che esperto. Ciò che conta, in un buon prosciutto, è la vita dell’animale, ciò che mangia, e come viene trattato, in ogni fase di produzione, il prosciutto. Oltre al dopo, a quando è pronto per essere servito agli ospiti o venduto in gastronomia. Per noi il meglio è un prosciutto 16 mesi, anche se è il più difficile da trattare perché ha la fetta più delicata. Servire un prosciutto crudo, soprattutto nella ristorazione, può sembrare la cosa più semplice da fare, ma è altrettanto semplice distruggerlo. L’affettatrice sporca, il piatto caldo, i sottaceti in abbinamento che sono un vero assassinio. Oppure il pane sbagliato. Sono tante le cose da tenere a mente quando gestiamo un prosciutto crudo. Noi cerchiamo di rispondere di tutte le manchevolezze, pochissime per fortuna, dei nostri prosciutti ma quando, come è capitato, un ristoratore si è lamentato che il nostro prosciutto aveva difetti e abbiamo visto che teneva l’affettatrice attaccata al cuocipasta non si poteva accettarlo. L’ideale, per i prosciutti in ristorazione, sarebbe averne uno in affettatrice e uno in frigo, ruotandoli spesso, anche se mi rendo conto che a volte il tempo non lo permette”.