Vincenzo Donatiello
Da lì in avanti i chilometri percorsi nelle sale da Vincenzo Donatiello sono stati tantissimi: un trasferimento definitivo in Emilia-Romagna, diverse stagioni in riviera, la prima esperienza in un ristorante gastronomico – I Tre Re a Poggio Berni – e la successiva gestione di una pizzeria, due esperienze di barman in hotel, il completamento degli studi in sommellerie. A cavallo tra 2007 e 2009 la crisi e la decisione di fare il grande salto. Quasi un anno al fianco di Gianfranco Bolognesi, alla Frasca di Milano Marittima, e poi Fiumicino, a condividere la crescita di Pascucci al Porticciolo, con Gianfranco e sua moglie Vanessa. Il rientro in Romagna al Piastrino di Pennabilli, con Riccardo Agostini.
E a Piazza Duomo di Alba come ci sei arrivato?
“Questo è l’unico posto dove non ho mai inviato un curriculum. La mattina del 27 novembre 2012, dopo due settimane che avevano preso le tre stelle, ho ricevuto due telefonate da Alba in cui mi si chiedeva cosa volevo fare da grande e per gli anni a seguire. Il tempo di riorganizzarmi la vita e, nel febbraio 2013, ho varcato la soglia di questo meraviglioso ristorante. Due anni da sommelier e, con il finire del 2014, la proposta di prendere in mano la direzione della sala. Un po’ inconsciamente, perché non sapevo cosa mi aspettava. Infatti, in questi anni, con l’inserimento nella 50° Best Restaurant ci ha portato un sacco di nuova clientela, passando dai 6.000 ai 10.000 coperti nell’arco di un paio di anni. Non da meno, complice questo territorio speciale per i turisti stranieri”.
Cosa ti sta mettendo di fronte questa esperienza e questa crescita?
“Scelte e occasioni che prima non avrei avuto, ma anche molto più personale da gestire e, ben prima, da trovare, selezionare e formare. Per far fronte a questa esigenza ho lavorato, per lunghi mesi, ad una sorta di protocollo che racconta il modello di accoglienza di Piazza Duomo, quali sono le attenzioni da mantenere verso l’ospite, quali possono essere le sfumature possibili e immaginabili da dedicare al cliente. Alla base di questo naturalmente contiamo sulla personalità, i sogni e i desideri dei ragazzi che formano la brigata, e il loro modo di raccontarsi che vogliamo far diventare un valore aggiunto per il nostro concetto di accoglienza. Vogliamo farli emergere, perché valorizzare le persone significa qualificare ancor di più Piazza Duomo agli occhi del mondo”.
Cambiano i consumi, cambiano le modalità di scelta del locale, l’orientamento a mangiare fuori casa cresce tra gli italiani: questo comporta il fatto che cambia anche il cliente che varca tanto la soglia di Piazza Duomo quanto quella del bistrot. A questo nuovo cliente come vi approcciate?
“Viaggiando tanto posso confermare che la crisi del 2008 ha fatto una pulizia estrema. Prima c’era un appiattimento dell’offerta, poi c’è stata l’esplosione di format: bistronomia, gastronomie eccellenti, locali monotematici che hanno cambiato la visione del ristorante: non più un tempio ma un luogo dove il cliente approccia con maggiore informazione e cultura. Questa voglia di scoperta e sperimentazione ha abbassato il livello di fidelizzazione e, per chi opera in questo settore, ha generato la consapevolezza che bisogna personalizzare sempre di più l’offerta. Bisogna prestare attenzione massima ai dettagli”.