Il rapporto che mette in relazione i due attori che stanno ai poli della filiera vitivinicola si costruisce e si fidelizza passando attraverso i luoghi di acquisto e passerà – dovrà necessariamente passare – attraverso gli spazi, virtuali e virtuosi, di comunicazione. Questa è la fotografia in progress emersa nella presentazione del primo rapporto di filiera del
Gruppo 24 Ore “
Vino. Futuri possibili” (
www.ristorazionecatering.it/novita-alimentari/vino-futuri-possibili-sostenibilita-impresa-elemento-business): da una parte la percezione di una grande distribuzione finalmente grande anche nell’offerta qualitativa per quasi il 70% del campione di 2030 italiani intervistato dall’istituto di ricerca
Duepuntozero Doxa – con una quota di 78,3% che sostiene, nel dettaglio, che è la proposta dei vini ad essere particolarmente migliorata – dall’altra, la registrazione della costanza produttiva annuale si abbina nel contempo al progressivo e inarrestabile calo del consumo nazionale e alla crescita delle esportazioni, soprattutto dei più noti, grandi sempre e comunque qui e altrove.
La gdo è il luogo principale in cui si scelgono i vini per il 75% degli intervistati, seguita dai supermercati e dalle cantine, e si acquistano, perché si trovano, equamente vini da tavola e DOC, DOCG e IGP (56% e 55%). “L’offerta della gdo è sempre più qualificata sul target pari o superiore a 5 euro a bottiglia” ha commentato
Riccardo Ravasio, direttore vendite Italia Gruppo Italiano Vini, “e il valore medio venduto, in fascia 7 euro e mezzo, è di 3 euro iva compresa, per un valore totale di un miliardo di euro di venduto.” Se ne deduce che il consumatore che acquista i vini nella grande distribuzione è disposto ad una certa flessibilità e che la gdo stessa si sta evolvendo verso gestioni economiche dell’acquistato in linea con i tempi: shopping experience per intenditori e aspiranti tali, suddivisioni geografiche, cartellonistiche ah hoc che mostrano i diversi tipi di bicchieri in cui degustare al meglio il vino, che suggeriscono cosa comprare in base all’occasione o che propongono abbinamenti al cibo. L’imperativo è stimolare all’acquisto: come? Puntare sulla qualità-prezzo, offrire risposte a bisogni, fare education. In una parola comunicare.
Di comunicare ha bisogno il consumatore, che si vuole informare e formare per padroneggiare un argomento di attualità e di socialità, vedendo di non rimetterci il portafoglio; ma ne ha bisogno anche il produttore che, piccolo e appena entrato nel mercato o dalla lunga storia, deve mostrarsi, presentarsi, esserci.
“Il confronto iniziato su internet tra chi produce e chi compra è una delle poche ma importanti novità degli ultimi anni” ha affermato
Elena Amadini, brand manager wine and food di
Veronafiere. “Le aziende avevano bisogno di esserci in chiave commerciale, ora devono saper cogliere lo scambio osmotico con il cliente finale. La sola vetrina, il sito, è insufficiente: serve il racconto vero, che mescola i linguaggi.” Cosa può fare internet per chi produce e vende vino? I suggerimenti dell’innovation manager
Giuliano Prati sono precisi e diretti: “Le piccole realtà dovrebbero investire nella promozione online per avere visibilità e per mettersi in contatto con i tanti winelovers che cercano informazioni e vogliono fare acquisti, in Italia e all’estero: si possono coinvolgere gli enonauti creando gruppi di conversazione e utilizzando strumenti semplici ma altamente efficaci come
Facebook, Twitter e Youtube.
Qui il passaparola viaggia veloce e le aziende possono trovare, se le sanno leggere, un patrimonio di informazioni utilissime per il proprio business.” Fermarsi al sito significa dunque fermarsi alla comunicazione unidirezionale: “sapendo che gli utenti non arrivano da soli” continua Prati. “Forniamo loro strumenti semplici da consultare, ma ricchi e che invitino al confronto, come immagini, testi ben scritti, video, in relazione tra loro sulla pagina, intuitivamente.” Non dimentichiamo che ogni due ore su youtube si vedono 500 anni di filmati, la potenza del mezzo dunque è innegabile ma va saputo utilizzare. Ad esempio, chi sono questi enonauti curiosi che non esitano ad utilizzare lo shop-online? “Hanno più di 25 anni, soprattutto si aggirano tra i 35 e i 45, in maggioranza uomini ma la percentuale delle donne è in forte crescita, accedono spesso dal telefonino, si definiscono curiosi ed informati sulla materia e pertanto all’inizio sono diffidenti, tendono a mettere alla prova. Superato l’esame, si fidano, cercano dialogo e ciò che fa la differenza.”
L’e-wine ha un margine di crescita potenziale, soprattutto per le aziende più piccole, e aggiunge Prati: “Il suggerimento per le piccole aziende è quello di creare gruppi, consorzi locali, movimenti per utilizzare il web investendo in un unico portale, con una gestione unificata della logistica e un unico sistema di comunicazione.”
Sul 2.0 tutti scrivono tutto, come si cerca e si trova la verità? Affidandosi all’algoritmo di google? “Con uno sforzo in più, le risposte ci sono. Le persone vanno educate e si devono voler auto educare alla partecipazione, l’utente facendo selezione curata e accurata e l’azienda offrendo contenuti di valore aggiunto.”
Sarà la rete a salvare in nostro Paese dalla fuga all’estero dei produttori?
Diteci la vostra.
Alessandra Locatelli