Che tipo di rapporto è quello del vino italiano con la Rete? Affiatato? Conflittuale? Fiducioso? Inutile negarlo: come ormai ogni settore, anche le cantine della Penisola, volenti o nolenti, si trovano a fare i conti con il grado di digitalizzazione dei consumatori e del mercato nel suo complesso. E se su mobile e social network le etichette made in Italy paiono ormai a proprio agio, lo stesso non si può dire per search marketing ed e-commerce gestiti direttamente dai siti web. È quanto emerge, in estrema sintesi, dalla seconda edizione della ricerca condotta dalla società di consulenza strategica FleishmanHillard, che lo scorso mese di aprile ha analizzato presenza e attività online delle prime 25 aziende vinicole italiane per fatturato, secondo l’ultima indagine Mediobanca di marzo 2015.
L’analisi ha preso in considerazione parametri sia qualitativi che quantitativi delle principali società del settore enologico, un comparto che, secondo i più recenti dati rilasciati da Coldiretti, genera un fatturato superiore ai 10 miliardi di euro (pari all’8% dell’industria alimentare nazionale) e un export di 5,1 miliardi (+1,4% sul 2013).
In quanto a dimestichezza e presenza sul web, dunque, rispetto allo scorso anno si conferma in testa alla classifica Compagnia De’ Frescobaldi, tallonata, grazie a una soddisfacente risalita, da Casa Vinicola Zonin, seguita a sua volta da Masi Agricola, che perde invece una posizione rispetto al 2014, Gruppo Banfi, in salita di sette posizioni, e da P. Antinori, stabile in quinta posizione. Seguono, nella seconda metà della top ten, Mezzocorona, Gruppo Santa Margherita, Gruppo Campari, Cantina Sociale di Soave e La Vis.
A livello di siti web, dunque, l’e-commerce diretto è ancora appannaggio di pochissimi, disponibile solo su due siti corporate su 25. Evidentemente, a essere ancora percepita come un ostacolo è la difficoltà di adeguare a tale prassi l’intera struttura aziendale e logistica, mentre online shop di prodotti enogastronomici e aggregatori sono in costante crescita. Tanto è vero che, secondo l’ultimo Osservatorio eCommerce BtoC promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano (2014), l’e-commerce in Italia ha raggiunto un valore complessivo di 13,3 miliardi di euro, +17% rispetto al 2013 in relazione alle vendite da siti italiani (verso consumatori italiani e stranieri). Sempre più protagonisti dell’e-commerce italiano sono gli apparecchi mobili: l’incidenza delle vendite da smartphone e tablet, infatti, ha raggiunto il 20% del totale del commercio elettronico del nostro Paese. Da questo punto di vista nulla da eccepire, visto che quasi tutte le aziende hanno compreso la necessità di presidiare questo particolare canale. Così come risulta buona la presenza sui principali social network, Facebook e YouTube in testa, utilizzati da 17 aziende su 25, seguiti da Twitter con 12 aziende.
Per il futuro restano quindi ancora aperte e tutte da sfruttare diverse opportunità: dotarsi di un sito web che risponda alle necessità dell’utente di reperire online informazioni e fruire di contenuti in multicanalità; creare contenuti ottimizzati e link autorevoli; prevedere una mirata strategia social, in grado di creare dialogo, informare, educare e coinvolgere l’utente e, last but not least, accostarsi all’e-commerce in modo più consapevole e sistematico, comprendendo le potenzialità a medio-lungo termine di una piattaforma “diretta”, nell’ottica dello sviluppo del business, soprattutto in un anno strategico come quello dell’Expo a Milano.
Mariangela Molinari