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Vittorio Gianni Capovilla. Dove inizia la libertà (Seconda Parte)

14/04/2022

Vittorio Gianni Capovilla. Dove inizia la libertà (Seconda Parte)

Cosa significa distillare in purezza
La scelta di Gianni Capovilla è chiara fin da subito: produrre distillati puri, dove l’alcool deriva esclusivamente dalla fermentazione degli zuccheri naturali del frutto (e, tra l’altro, non vi è alcuna aggiunta di zuccheri, aromi, coloranti - che la normativa italiana consentirebbe -), operazione che richiede ingenti quantitativi di frutta: ne occorrono infatti tra i 30 e i 60kg,  e poi - come dicevamo - di qualità eccelsa, per poter fare un solo litro di distillato.


E se anche 25 anni fa  in Italia c’era poca conoscenza dell’argomento: ”È una grappa alla frutta?” – gli chiedevano - ”No è un distillato” rispondeva  Gianni Capovilla spiegando la differenza, didattico come pochi e con quella dovizia di particolari che fa così onore,  lui procedeva comunque spedito nei suoi intenti, come il  piantare vecchie varietà di frutta, perlomeno quelle che non si trovano facilmente (Mirabelle di Nancy, pesche selvatiche a pasta rossa, vecchie varietà di albicocche, pere moscatello...), in quattro ettari di terreno rigorosamente coltivati a biologico, che nel 1996 hanno portato la distilleria a divenire azienda agricola. Altra frutta la reperiva e reperisce dove cresce al meglio e quella selvatica e le bacche le raccoglie personalmente, spostandosi con il suo inseparabile furgone.

Vittorio Gianni CapovillaVittorio Gianni Capovilla

La natura, le relazioni e le sperimentazioni all’infinito
La natura lo riconduce con il pensiero all’infanzia. “Sono nato a Crespano sotto il Grappa, dove i boschi e le valli erano il mio parco giochi. Non c’era frutto che, non appena prendeva colore, non fosse già mangiato!” – racconta- come se avvertisse di non avere mai smesso di alimentare questo rapporto privilegiato con la natura...Quando è il momento giusto organizza anche qualche spedizione, magari in Toscana, in Maremma, a raccogliere il prugnolo gentile, le pere selvatiche, insieme a un gruppo di amici. È chiaro che i quantitativi raccolti non consentano di realizzare chissà quanti litri di distillato puro, ma questo è il prezzo del lavorare in qualità. Poi arrivano anche segnalazioni di zone da visionare. Insomma è tutto un allargare conoscenze.

Alle relazioni Gianni Capovilla attribuisce molto valore. E le coltiva proprio. Anche quelle con bravi colleghi tedeschi e austriaci, ognuno alle prese con la distillazione di frutti locali, che gli allargano le vedute.
Lui stesso non si dà limiti nella sperimentazione di varietà di frutta mai distillate prima, perché solo così si capisce. La fermentazione può cambiare gli aromi primari e formarne dei nuovi, pertanto se non si prova non si può sapere. E questo gli dà un senso di futuro ogni giorno: “Non saprei come consumare meglio il mio tempo” è solito ripetere. Di fatto ha scelto la strada dell’autenticità che gli consente di parlare con trasparenza, senza mai stancarsi, di quel distillato puro, che non conosce “scorciatoie o aiutini di qualche tipo” come dice lui. Lo ha scelto, e continua a farlo, a discapito della possibilità di realizzare guadagni importanti. Anche questa è libertà. 

La carta di identità dei distilati, scritta a mano. Di Stefano ScatàLa carta di identità dei distilati, scritta a mano. Di Stefano Scatà

I particolari parlano sempre
In quelle bottiglie Che Gianni Capovilla ha scelto per i suoi distillati, pulite, senza etichetta alcuna, ma con carta d’identità scritta a mano!, fermata da un legaccio sul tappo, intriso di ceralacca del colore del frutto di quel distillato (ecco la finezza di far materializzare la trasparenza), c’è tutta la sua visione pragmatica ma emozionale, condivisa con la figlia Olivia, figura competente e discreta, che lo affianca da tempo e lo appoggia anche nelle sue nuove scommesse. Come l’entrare, nel 2006, in società con un importatore e grande conoscitore di rhum, Luca Gargano, e un piccolo distillatore di Maria Galante in Guadalupa, Dominique Thiery, per produrre rhum con la stessa metodologia utilizzata per i distillati di frutta. Si tratta di un rhum agricole, ottenuto con il succo puro, e non diluito con acqua, della canna da zucchero pressata (bando all’utilizzo della melassa).

Questa particolare tecnica della pressatura che i distillatori  locali (caraibici) non utilizzano e l’inconfondibile metodo di distillazione e fermentazione di Gianni Capovilla, consentono di lasciare inalterata la ricchezza della materia prima. Ne esce un rhum sorprendente, che non ha paragoni perché unico nel suo genere e questo già nella versione di Rhum bianco, figuriamoci l’invecchiato in botti di pregio. Provare per credere!

Nel cortile della distilleria svetta un nodoso ed armonico gelso, nato trent’anni fa da un seme caduto nell’aiuola, che spalanca i suoi rami come braccia verso il cielo, raccogliendo sotto la sua ombra molte e diverse storie, perché tutti gli ospiti è lì che sostano.
Chissà in quanti lo hanno riconosciuto come il simbolo dell’accoglienza calda di quel luogo... Lo stesso Josko Gravner, quando scende a portare le vinacce, si dedica a rifinire personalmente la sua potatura, e magari qualcuno si chiede anche il perché...questione di sensibilità.


Leggi la prima parte della storia di Vittorio Gianni Capovilla

a cura di

Simona Vitali

Parma, la sua terra di origine, e il nonno - sì, il nonno! - Massimino, specialissimo oste, le hanno insegnato che sono i prodotti, senza troppe elaborazioni, a fare buoni i piatti.
Non è mai sazia di scoprire luoghi e storie meritevoli di essere raccontati.
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