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Vittorio Gianni Capovilla. Dove inizia la libertà

14/04/2022

Vittorio Gianni Capovilla. Dove inizia la libertà

Scegliere che vita vivere, e continuare a volerlo a qualsiasi costo, è affermare la propria libertà.
Lo sa bene Vittorio “Gianni” Capovilla, considerato dai grandi esperti internazionali - senza esitazione - il miglior distillatore del mondo, che, in quel di Rosà (VC), ha deciso di assecondare il vento della vita, ogni volta che si è alzato a indicargli che era ora di cambiare, finché la sua strada non si è fatta riconoscere, nitida e inequivocabile. E lui l’ha semplicemente abbracciata.


Meccanico di macchine da corsa prestato, per via della sua conoscenza della lingua tedesca, alla vendita di attrezzature per l’enologia per conto di un industriale suo cliente, è frequentando Paesi come Austria, Germania, Svizzera che entra in contatto con una cultura della distillazione diversa e molto ma molto più diffusa rispetto a quella dell’Italia, dove le distillerie sono un numero esiguo (128 contro 30.000 della Germania e 90.000 dell’Austria).

Vittorio Gianni Capovilla. Dove inizia la libertà

Il primo alambicco
Quell’approccio gli apre gli occhi, restituendogli il senso del fare le cose in un certo modo, e sempre meno accetta di vedere la quasi totalità dei suoi colleghi, operai dell’azienda, alle prese con quelli che loro ritengono essere alambicchi, costruiti la sera a casa propria per poter farsi la grappa, che poi si rivela di pessima qualità.
“Questi alambicchi non vanno bene - li ammonisce Capovilla – non ci sono i metalli giusti, non c’è la forma adeguata, no all’acciaio inossidabile, ci vuole il rame fino ad un certo punto però...”.

Pronta la risposta degli orgogliosi colleghi “ Seto sempre tuto ti? Prova ti!” (Sai sempre tutto te? Prova te!) finché non vengono presi sul serio. Gianni Capovilla decide di farsi costruire in Austria un alambicco a bagnomaria da 80 litri e poi si ingegna a farlo arrivare in Italia un pezzo alla volta, “perché allora le frontiere erano frontiere” ricorda divertito.

E aggiunge “così ho cominciato a “giocare”, distillando 10 anni per hobby, nel mentre chiedevo consigli ai professionisti che incontravo quotidianamente per lavoro (vendita attrezzature enologiche), mettevo a fuoco i grandi distillatori d’Europa a cui facevo puntualmente visita, continuavo a studiare e cercavo, cosa non semplice, il posto giusto per partire, che poi ho individuato nei rustici annessi a villa Dolfin Boldù a Rosà. E via via si faceva chiaro il pensiero che era con le mani che volevo lavorare e che questo era il momento di fare il salto, perché quello che stavo facendo – pur dandomi soddisfazioni – non era il mio lavoro. Convinzione e forza fisica erano dalla mia parte. Se avessi rimandato, qualcosa avrebbe potuto venire meno”.

Vittorio Gianni Capovilla. Dove inizia la libertà

La scelta di distillare frutta a bagnomaria
E fin dal primo istante la scelta ortodossa di distillare a bagnomaria: doppia distillazione con un impiego di molto tempo e molta energia che, per chi punta al business, sono considerati folli ma per chi aspira a una qualità eccelsa è un sacrificio indispensabile. C’è poi il riposo in contenitori di acciaio inox per un paio d’anni, a maturare (processo di esterificazione) e infine la diluizione con acqua di sorgente. L’alcool che si ottiene è leggerissimo e digeribile, tutt’altra cosa rispetto a quello ricavato con il sistema industriale, certamente più rapido ed economico.

Un iniziale approccio con la vinaccia e poi la scelta, decisa, di distillare prioritariamente la frutta, come da immemorabile tempo (fine ‘700/inizio ‘800) si usa fare nei paesi mitteleuropei con tutto ciò che è invenduto, in esubero. Assaggiando quelli che venivano definiti i migliori distillati Gianni Capovilla si domandava “possibile che non si riesca a fare di meglio?”. La sua convinzione era ed è a tutt’oggi che a volere veramente si può riuscire. Certo, costa fatica ma i risultati arrivano.
Così si fa strada l’intuizione che la frutta debba essere fresca, di prim’ordine e non trattata. I suoi esperimenti suggeriscono che più è buona e migliore è il risultato. Non solo, ogni varietà va interpretata, ha un suo momento ideale per essere colta e trasformata: c’è quella che dà il meglio di sé quando è molto matura e quella che bisogna raccogliere per tempo, perché poi non avrà più quella freschezza aromatica. Solo l’esperienza lo può insegnare.

Ecco uno scatto non indifferente rispetto alla più parte dei distillatori austriaci e tedeschi, che producono distillati rustici, avendo l’abitudine di  accatastare la frutta non più vendibile (non fresca) in cassoni, dove inizia una  fermentazione spontanea che si protrae fino all’inverno, quando trovano il tempo per distillare.
Anche in quei Paesi vocati, i bravi distillatori non sono numerosi ma per fortuna ci sono e per Gianni Capovilla diventano interlocutori importanti.


La storia di Vittorio Gianni Capovilla continua in quest'articolo

a cura di

Simona Vitali

Parma, la sua terra di origine, e il nonno - sì, il nonno! - Massimino, specialissimo oste, le hanno insegnato che sono i prodotti, senza troppe elaborazioni, a fare buoni i piatti.
Non è mai sazia di scoprire luoghi e storie meritevoli di essere raccontati.
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