L’approccio eco-frendly a tutto ciò che costituisce la dimensione antropizzata degli spazi in cui viviamo, le città cariche di cemento e smog, diventa sempre più indispensabile e urgente. Da un lato, per una
questione etica, di visione progettuale degli spazi urbani come
luoghi rubati alla terra, nella sua
dimensione naturale e generatrice di vita, e quindi oggetto di grande rispetto e tutela. In secondo luogo
“pensare verde” favorisce il benessere dei cittadini, sia dal punto di vista fisico, respirando un’aria più pulita e ossigenata, sia da quello psichico, vivendo in un ambiente più a misura d’uomo.
Durante il
“Green Shared Day”, organizzato da
Cia e
Promoverd, si sono trattati proprio questi temi, evidenziando la necessità di
riorganizzare il territorio urbano, sviluppando le opportunità offerte dall’integrazione tra agricoltura, architettura, alimentazione e cultura in un’ottica di
riduzione delle emissioni, di
sostegno al “city farming” e di
tutela del paesaggio contro incuria, degrado e cementificazione selvaggia.
Sono già parecchi anni che si fa una gran parlare di
orti urbani, ma pensare in modo più integrato al verde, non solo a scampoli di terreno, magari in aree periferiche, che vengono destinate ad utilizzi poi, poco praticati, ma come ad un
componente della progettazione urbanistica, così come le strade e i parcheggi, ad esempio,
con una funzione che non sia più solo quella ornamentale, ma strutturale. Il verde, con tutte le sue più svariate declinazioni, deve essere considerato come
la cifra vitale di una città. Attraverso una buona progettazione urbana che inserisce
muri verdi o coperture vegetali, che educa i cittadini e li invita a usufruire dei suoi effetti benefici, le nostre città densamente abitate possono
migliorare notevolmente la propria vivibilità.
“Sono queste le nuove forme del verde che nascono dalla ricerca del più recente vivaismo specializzato, che lavora già da diversi anni in tandem con l’architettura più sensibile all’aspetto ambientale delle costruzioni -ha detto
Gianluca Cristoni, presidente
di Promoverde,
l’associazione per la Qualità del Paesaggio e del Florovivaismo- e portano con sé molteplici vantaggi, che vanno dalla riduzione del delta termico e delle polveri sottili al forte rallentamento delle acque piovane, fondamentale in un Paese come il nostro dove il rischio idrogeologico coinvolge ben 6.633 comuni. Senza contare, poi, l’importanza dell’impatto estetico e sulla biodiversità”.
D’altra parte, ha sottolineato Cristoni, “una concreta testimonianza del sempre più importante ruolo che viene attribuito al verde è rappresentato dalle recenti
forme di defiscalizzazione (fino al 65 per cento) introdotte in Italia a favore di chi inserisce piante sui tetti e sulle pareti. Solo a Roma, così, si potrebbe rinverdire una superficie potenziale di 400 ettari”.
La
rinaturalizzazione degli spazi urbani, dunque, imposta anche dai parametri di Kyoto, deve essere il primo dogma da osservare andando a riqualificare le nostre città e pensando di farlo attraverso una collaborazione multidisciplinare tra architetti, paesaggisti, botanici e nutrizionisti.
Lucilla Meneghelli