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L’Altopiano di Asiago, una meta in cui addentrarsi

27/10/2022

Due maître, Jgor Tessari e Enrico Maglio, ci parlano di questo luogo mite e inconfondibile, sospeso tra due quote, che vale la pena conoscere a fondo

 

Ammetto di non essermi stupita troppo quando, alla vista di un quadro dell’artista Marco Ronga, ho voluto fare la prova del nove chiedendogli quale fosse il paesaggio ritratto. Non c’erano dubbi: si trattava dell’Altopiano di Asiago, in tutta la sua sinuosa e mite particolarità.

 

Merito della bravura e sensibilità dell’artista, naturalmente, ma anche della morfologia di questo luogo meraviglioso situato a nord della provincia di Vicenza.

Un paesaggio che difficilmente si confonde e che spesso genera una certa malinconia al momento del congedo. Sì, perché entra dentro con ritmo lento, silenzioso, concedendo accoglienza con le sue malghe, i suoi rifugi, gli straordinari prodotti caseari, gli umori del sottobosco, e tanto altro.

 

Oltre la cartolina

L’Altopiano di Asiago, o Altopiano dei Sette Comuni, possiede un’unicità intrinseca: non profuma di alta quota, di collina, e neppure di pianura, ma mostra una prosa tutta sua, originalissima. È fatto di distese verdi che si susseguono disegnando dolci sali e scendi; di abeti, rossi o verdi a seconda del periodo, che spuntano sullo sfondo; di luci naturali che cambiano in un batter d’occhio, scandite dalle nuvole a intermittenza; di mulattiere e malghe che diventano fortunati punti di riferimento e di sosta quando si è in cammino; di conche belliche che, pur facendo riaffiorare ferite aperte di una fase storica atroce, generano un bel movimento sull’intera scenografia.

Il tutto compone un quadro pressapoco perfetto… ma mai uguale a se stesso: l’altipiano muta di stagione in stagione, giorno in giorno, ora in ora, ospitando colori, sfumature e profondità sempre nuove.

C’è un errore però che non si dovrebbe commettere. Fermarsi a questa cartolina, stare fermi all’uscio godendosi solo il panorama da qualche spiazzo. Nell’Altopiano di Asiago bisogna addentrarsi. Ospita un centro urbano ben organizzato, tante strutture alberghiere, ristoranti affermati - di cui due stellati - e agriturismi, che consentono gradevoli soggiorni, ma nasconde doti e angoli che solo chi lo abita riesce a raccontare. Noi abbiamo chiesto a due maître di accompagnarci in questo paesaggio, un po’ come fanno tutti i giorni con i loro clienti.

 

Jgor Tessari, la Stube Gourmet di Asiago

Chiedere a Jgor Tessari, maître de la Stube Gourmet di Asiago dell’Hotel Europa Residence, cos’ha di speciale l’altopiano, è un’impresa. “Tutto!” risponde in prima battuta, con quell’adrenalina che difficilmente si intercetta in chi è nato in una località e ci lavora da otto anni.

“Va bene, provo ad essere più preciso. È un posto in cui si sta bene, mi piace definirla un’isola verde a mille metri d’altezza. Ma c’è modo e modo di stringergli la mano: per capire Asiago bisogna avere una buona propensione all’esplorazione, non ci si può fermare al corso principale della cittadina (che vale comunque sempre la pena di frequentare, non solo perché c’è il nostro ristorante!). Bisogna addentrarsi nei boschi, intraprendere i sentieri, puntare alle montagne che nascono ai bordi dell’altopiano. Abbiamo oltre duecento malghe, di cui alcune gestite da giovanissimi. E poi alpeggi, pascoli, una ricchezza naturale di cui probabilmente non si conosce ancora tutto: ospitiamo una biodiversità che in pochi si immaginano e merita di essere avvicinata”.

 

L’altipiano Jgor lo conosce bene non solo perché il padre è guida alpina, e lui è nato e vive qui, ma anche perché fa esercizio quotidiano. Appena può si immerge nei boschi, ci trascorre del tempo, e lo fa anche il resto della brigata de la Stube: Andrew Lunardi e Fabio Falsetti, dalla scorsa estate alle redini della cucina, e gli altri ragazzi, anche della sala, vanno spesso in avanscoperta per curiosità, ispirazione e piacere.

“Essere nati in un territorio - continua Jgor - è sicuramente vantaggioso se lo si vuole raccontare, ma non indispensabile. La maggior parte dei ragazzi del nostro ristorante non è originaria di Asiago eppure ha sviluppato un grande interesse per queste zone al punto da sentire il bisogno di frequentarle. Prendono e vanno perché vogliono conoscere l’altopiano. È un po’ quello che accade anche ai nostri clienti: giungono qui per un fine gastronomico e poi dimostrano interesse anche per tutto ciò che c’è intorno. Per le passeggiate, le attività produttive, i siti museali. Questo genera benessere, piacere, per gli ospiti e in primis per noi. Si parla molto di territorio in un’ottica turistica, ed è importante, ma è fondamentale anche ricordarsi quanto sia importante la piacevolezza di un luogo per la qualità della vita di chi ci lavora”.

 

A proposito di territorio, negli ultimi mesi la Stube Gourmet ha intrapreso un cambio di passo deciso nella proposta. Ce lo racconta.

“Territorio è una parola abusata, è vero, ma bisogna vedere come la si interpreta. Noi stiamo investendo molto in sala e in cucina affinché ci sia un costante scambio tra il mondo interno e quello immediatamente fuori al ristorante. Lo fanno i ragazzi in cucina lavorando sulle erbe, con i prodotti caseari locali, rievocando gli usi popolari, e lo facciamo noi adottando con i clienti un linguaggio che non ha codici ma contenuti. Nell’arco di una cena sono tante le occasioni di racconto del territorio e non mancano neppure le richieste espresse dagli stessi clienti, curiosi di capire cosa c’è qui attorno”.

 

Raccontare e promuovere, però, sono sempre attività che denotano responsabilità.

“Chi si occupa di accoglienza ha l’occasione di promuovere un territorio ma deve essere cauto ad esprimere termini come chilometro zero, biologico, e via dicendo… Dopotutto le nostre parole generano ricordi, pensieri, talvolta spostamenti. Dobbiamo anche avere l’accortezza, tutti, di distribuire adeguatamente il flusso turistico. L’altopiano grazie ai suoi percorsi, che vanno dalla semplice passeggiata al sentiero per l’escursionista esperto, facilita la dislocazione dei visitatori. E grazie alle sue risorse, come le malghe che io porto su un palmo di mano, è un luogo attrattivo ma mite”.

 

 

Enrico Maglio, La Tana Gourmet

Ci allontaniamo di poco, di circa tre chilometri dal centro di Asiago, per incontrare un’altra figura di sala che non nasconde affatto il suo sentimento per l’Altopiano: Enrico Maglio responsabile di sala a La Tana Gourmet.

“Asiago è un posto singolare, permeato di calma, silenzi e verde. La vita qui è una vita di pace, di assenza di rumore. Convivere con il silenzio, dico sempre ai miei ragazzi, non è facile, anche perché al giorno d’oggi è difficile trovarlo. Qui invece è alla portata di mano, basta risalire di pochi metri un bosco, allontanarsi dai piccoli centri, e lo si incontra. Questo per il turismo e per il settore della ristorazione non è un limite. Non significa che non ci siano opportunità e ci sia desolazione ad Asiago. Significa che qui c’è una buona convivenza tra uomo e natura. Ma dobbiamo essere bravi, bravissimi, a preservare questa dote ‘silenziosa’, distesa, pur facendo conoscere questo luogo che a noi da anni sta dando tantissimo”.

Anche Enrico tesse una bella narrazione di quello che lo circonda.

“I territori non hanno bisogno di classifiche, di incasellamenti radicali. Non è necessario dire se si preferisce la montagna al mare o viceversa, escluderebbe molti luoghi. E l’altopiano non è una via di mezzo, come dicono alcuni, ma uno spazio con una sua identità che stimola un turismo amante della natura, del trekking, dei prodotti buoni. È un polmone verde irrorato di sentieri, piste ciclabili, di cui molte poco conosciute. C’è poi l’Osservatorio Astronomico a Pennar, con il telescopio Galileo, di cui tanti scoprono l’esistenza solo venendo qui. Ma Asiago è soprattutto una terra che ha interiorizzato i resti della guerra e questo è doveroso raccontarlo agli ospiti, spiegando cosa ha attraversato questo territorio e quali siti possono visitare per capirlo, per esempio il Sacrario Militare di Asiago, i musei di guerra. Sono visite difficili, certo, ma narrano un passaggio storico cruciale, determinante, per questo luogo.

 

Enrico lavora braccio a braccio con Alessandro Dal Degan, che si occupa della cucina. Il loro è un ristorante gastronomico con un percorso in ascesa, oggi con un menu unico, pensato per tutto il tavolo, frutto di un’intensa sperimentazione e di una ricerca costante nel territorio. Molti intraprendono il viaggio per Asiago per provare La Tana o per l’attigua Osteria. E alcuni decidono anche di prolungare la sosta.

“Alcuni clienti ci chiedono: dove andiamo domani? Dove potremmo mangiare? Sono domande che prolungano la permanenza e danno un senso ulteriore al nostro lavoro. Se non vengono poste dall’ospite stesso la sala dovrebbe essere in grado di stimolarle. Mi reputo soddisfatto per quel che riguarda la ‘rete’ delle attività di ristorazione di Asiago. C’è una buona collaborazione ed è importante. Al di là dell’esperienza nel nostro ristorante, che vogliamo sia sempre delle migliori, dobbiamo tener conto anche di ciò che accade prima e dopo. È il modo giusto per valorizzare un territorio”.

 

Questa doppia intervista mi ha stupita per un fatto. Enrico e Jgor lavorano in ristoranti diversi e con lo stesso target (se avessimo una visione antiquata di ristorazione potremmo definirli concorrenti). Oltre ad aver espresso stima reciproca hanno, alla cieca, esposto la stessa visione, le stesse priorità sul territorio. Un atteggiamento che fa bene, più di quanto si creda, ad un luogo, alle sue attività e alle sue prospettive di crescita.



Giulia Zampieri

 

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