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I messaggi che non arrivano da Identità Golose

12/02/2013

I messaggi che non arrivano da Identità Golose
Si è chiuso in questi giorni il sipario su Identità Golose, il primo evento gastronomico della stagione e forse anche quello che più di tutti rappresenta meglio l’alta ristorazione nel nostro Paese. Nonostante il meteo non abbia agevolato gli spostamenti, di gente ce n’è stata davvero tanta. Un ottimo segnale per chi pensa che sia solo la televisione a dare spazio agli chef, e complimenti agli organizzatori capaci di unire grandi nomi, contenuti e confronti su argomenti, quelli del cibo e della ristorazione, sui quali speriamo non cali mai l’attenzione.
Secondo Paolo Marchi, ideatore e curatore della manifestazione, quest’anno voleva essere l’occasione per riprendere un vecchio credo che dovrebbe essere ancora molto caro a chi fa il ristoratore: il rispetto. Rispetto per il territorio, per le materie prime, rispetto per i clienti e rispetto per il lavoro degli altri.

Negli anni passati gli chef della cucina innovativa, quelli portati sul palcoscenico dalla manifestazione milanese, accolti per la verità anche in questi giorni da un pubblico in delirio come star dello spettacolo, interpretavano la cucina del lusso, dell’eccellenza. Una cucina le cui ricette dovevano essere per forza estrose, sorprendenti, sofisticate. Erano gli anni della cucina fusion  e  molecolare,  dove  le ricette legalizzavano la destrutturazione del cibo.
Nelle presentazioni, i grandi chef - e molti sono arrivati dall’estero -  dell’edizione 2013 probabilmente non hanno perso il vezzo ad insegnarci a mangiare con stupore. Un esempio potrebbe essere la carne di sanguinaccio tritato con i corn flakes, o la pizza proposta con carne cruda e cioccolato bagnati nel distillato, o il suggerimento  di tirare la pasta con il  gomito del nostro Alajmo. Possiamo proprio dire che il vezzo di stupire non si è perso e forse il sacrosanto invito di Paolo Marchi non è stato del tutto ascoltato. O meglio, abbiamo potuto vedere, nelle parti meno spettacolari dell’evento, molta voglia di raccontare e confrontare i temi attuali del settore: attenzione verso la sala, come ha fatto Raffaele Alajmo con il suo vademecum distribuito agli intervenuti, oppure la conversazione di Lorenzo Cogo che ha coinvolto in scena un naturopata, o ancora le meravigliose testimonianze di Aimo Moroni e Gennaro Esposito alla presentazione delle Strade della Mozzarella, giusto per citarne alcuni.

Segnali che invitano a stare, come dire, con i piedi per terra perché,  per dirla con le parole dello stesso Marchi, “non è più tempo per le bugie e del giocare sciocco con il cibo”.

Ma non ancora pienamente al centro dell’attenzione come sarebbe giusto che fossero. Ma abbiamo pazienza e chissà se non sarà per il prossimo anno.

Roberto Martinelli

 
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