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Pomodoro: a ogni ricetta il suo

15/03/2016

Pomodoro: a ogni ricetta il suo
Si fa presto a dire pomodoro. Fresco o trasformato, si propone in tali e tante varietà dalle caratteristiche diverse, da destare qualche dubbio nel momento dell’utilizzo. Come scegliere, allora, tra passate, polpe & C.? Lo abbiamo chiesto a Vivien Reimbelli, chef di Cirio Alta Cucina, il brand di Conserve Italia dedicato alla ristorazione.
“Il pomodoro si suddivide in due grandi famiglie – spiega –: pelato ordinario e specialità (pomodorini o ciliegini, da usare interi). A sua volta, l’ordinario si trova nella tipologia lungo, tipo perino, dal quale si ricavano i classici pelati interi, e tondo, dalla cui trasformazione si ottengono sia le polpe cubettate che le estruse, più concentrate”.
Pomodoro: a ogni ricetta il suo
Lo chef Vivien Reimbelli

Per ogni piatto esiste una tipologia di pomodoro più adatta?
“Certo. E molto dipende dal tipo di cottura. Per capire quale pomodoro scegliere bisogna avere presente il risultato da ottenere, ricordando che più il prodotto è concentrato, più ci si avvicina al sapore della tradizione. Un pomodoro meno sgrondato e con più acqua di vegetazione si presta a cotture molto prolungate: umidi, stufati, brasati, pizzaiole, ecc. Uno più concentrato, invece, a cotture più veloci. Se, per esempio, devo fare un sugo per la pasta, utilizzerò una polpa estrusa, non cubettata, pronta in padella in dieci minuti; allo stesso modo, per una parmigiana di melanzane è adatto un pomodoro compatto, da cuocere poco, perché in un attimo può acquistare un sapore acre e amaro. D’altro canto, una polpa fine, poco sgrondata e dal gusto fresco, si presta a realizzare, senza ulteriore cottura, gelatine o un gazpacho; mentre specialità come pomodorini e ciliegini trovano il loro uso migliore con il pesce, perché cuociono velocemente, senza ‘sporcare’ troppo la salsa, e sono prodotti ‘aggreganti’, leganti. Infine, non demonizziamo il concentrato, da usare in sughi molto ristretti, come il ragù alla bolognese, o quando si vuole dare una nota del colore e gusto del pomodoro, senza aggiungere acqua”.

E nel caso di pomodoro non trasformato?
“Bisogna porre attenzione all’acqua di vegetazione interna. Per cotture veloci come la pasta spadellata al volo, prediligeremo datterini o ciliegini; per cotture prolungate il tondo e per un sugo classico il perino, leggermente più asciutto”.
Pomodoro: a ogni ricetta il suo
Come si riduce l’acidità?
“Non si può: l’acidità è uno dei gusti base del pomodoro. Non è vero che si elimina cuocendo per mezz’ora-quaranta minuti, e anche il classico cucchiaino di zucchero serve a poco. Proprio perché il pomodoro ha una sua naturale acidità che tende a conservare, si può, tutt’al più, scegliere le varietà più dolci, come, per esempio, i datterini. Nel caso del trasformato, poi, l’unico modo per intervenire sull’acidità è la selezione iniziale della materia prima, in modo da eliminare i pomodori non del tutto maturi, più acidi. In seguito si può fare ben poco, se non eliminare i semi, che conferiscono gran parte dell’acidità e del possibile gusto amaro”.

Come si conserva il pomodoro, una volta cotto?
“Tutti i forni professionali oggi sono dotati di ciclo di sterilizzazione. Una volta cotto il sugo, si può eventualmente passare e versare nei classici vasi a chiusura ermetica, che posizioneremo poi in forno, portando a 120-130 gradi e completando con un buon getto di vapore, che aiuta a trasmettere il calore all’interno dell’alimento. A questo punto avremo un prodotto conservabile a temperatura ambiente fino a 18 mesi. È però fondamentale essere certi di aver superato i 120° al cuore del prodotto”.
Pomodoro: a ogni ricetta il suo
È possibile surgelare il sugo?
“Certo, ricorrendo all’abbattimento di temperatura. Per esempio, si tagliano a spicchi specialità quali il datterino e il ciliegino, si mettono in una busta con aglio, basilico, olio, sale e odori vari, e si chiude sottovuoto. Si cuoce a vapore, si abbatte la temperatura e si surgela”.

Mariangela Molinari
mariangela.molinari@salaecucina.it
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