Mimmo Di Gregorio
Quanto è bello cucinare italiano
Sono particolarmente orgoglioso di essere il primo ad inaugurare questa rubrica di sala&cucina dedicata alla cucina italiana, perché è nella mia natura e in quella della mia famiglia rendere omaggio, ogni giorno, allo straordinario patrimonio che la compone.
Oggi, per raggiungere obiettivi di eccellenza nel lavoro di valorizzazione della cucina italiana, bisogna puntare sulla squadra.
È infatti pur vero che ci devono essere delle radici di scuole di pensiero, che sono state tramandate nel tempo, a volta attraverso la famiglia (che resta il nucleo portante della cucina italiana tradizionale), altre volte grazie a modelli formativi e comportamentali appresi nelle scuole e sui luoghi di lavoro, ma è altrettanto vero che devono essere ben capitanate: lo splendido solista non esiste e, sempre, anche se è un leader deve essere affiancato dai singoli reparti che compongono quella grande splendida orchestra che, in ogni parte d’Italia, compone la vita di un ristorante: dal lavapiatti allo chef, passando per i diversi ruoli di sala e cucina, che devono acquisire il loro grado di responsabilità.
Nel mio caso specifico, nella mia osteria, oltre al rispetto dei ruoli e al senso di responsabilità, le persone che lavorano con me sono chiamate ad assolvere ad una funzione importantissima che è rendere, con ogni loro comportamento, ciò che siamo: una famiglia fatta di convivialità e spirito grande di passione. Vogliamo far percepire all’ospite questo senso di famiglia, che vive e lavora in un territorio tra i più belli al mondo, non fosse altro per i doni che la terra e il mare davanti a noi ci danno ogni giorno per comporre piatti che rimangono ancorati ad un concetto, per me irrinunciabile: la cucina è lì dove si fa.
Il successo dello Stuzzichino, piccolo come il suo nome ma grande per la quotidiana soddisfazione, deriva proprio dal rappresentare il proprio territorio.
In un tempo non lontano si parlava, e ancora avviene, di mediterraneità, di cucina regionale, di tradizione locale. Tutti concetti condivisibili e il nostro locale è in sintonia con tutto questo, a cominciare dal risalto che meritano i prodotti locali e valorizzando il territorio.
Ma la dimensione in cui ci troviamo ad operare è ormai planetaria e ciò che ci viene riconosciuto è proprio l’italianità nel suo insieme.
Ecco quindi che è bello, anche per noi, far percepire e far capire le diversità dei luoghi e delle cucine – irpina, flegrea, napoletana giusto per fare alcuni esempi – ma sempre in un contesto che va sotto il nome di cucina italiana, perché solo così riusciremo ad affermarci nel mondo.
Altro elemento di sviluppo nell’immediato futuro: gli ingredienti, intesi come modalità di comunicazione. Sul menu deve finalmente diventare normale la presenza del cosiddetto secondo rigo. Ovvero, a far fronte del nome del piatto, nome più o meno fantasioso, deve seguire la breve lista degli ingredienti o, ancor meglio, il nome del produttore che fornisce la materia prima. Un invito a conoscere, dal tavolo del ristorante, un pezzo di storia dei luoghi incentivandone la visita. Questo, del resto, è ciò che ci viene richiesto: una maggior conoscenza dei prodotti, dei luoghi, delle persone.
Infine oggi non bisogna trasgredire il valore del lavoro, ma non solo: non bisogna tradire il valore della legalità, in ogni passaggio della nostra vita professionale. Solo in questo modo potemmo davvero dire quanto è bello cucinare italiano.
Mimmo Di Gregorio