Il problema non è ancora arrivato in Italia ma si spera sia questione di poco. Le date di scadenza sui cibi confezionati non è mai stato oggetto di tanta attenzione quanto in questi ultimi periodi di vacche magre. Pare siano milioni le tonnellate di cibo gettato nelle discariche perché la data riportata in etichetta è “preferibilmente” scaduta, quando, a detta di molti nutrizionisti ed esperti, il prodotto sarebbe ancora commestibile. Allora perché gettarlo? E’ giusto perseguire questi sprechi quando ancora c’è gente che muore di fame o, per stare più vicino a noi, i soldi per acquistare di che vivere scarseggiano in sempre più famiglie? Con coraggio il Regno Unito è stato il primo paese in Europa a decretare un cambiamento che farà discutere i puritani del cibo, ma fa chiarezza e porta buon senso a una normativa figlia di un periodo in cui lo sperpero non feriva le coscienze come oggi e la sensibilità al portafogli non era così sentita come in questi tempi di crisi. Gli inglesi hanno fatto una scelta salomonica: i cibi vanno consumati “entro il” punto e basta. Non esistono altre interpretazioni o date su cui equivocare. In Italia questa normativa provoca tutti i giorni sprechi incalcolabili e costi a famiglie e aziende spaventosi. Questa legge ottusa vieta la vendita del cibo il giorno dopo la data fatidica “ da consumarsi preferibilmente entro il “. Quando l’Italia si preoccuperà di fare come la Gran Bretagna? Ma il nostro è un altro paese, non dimentichiamolo, da noi i ristoranti sono sempre pieni.
Roberto Martinelli