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Lusenti, sui colli piacentini

09/05/2024

Lusenti, sui colli piacentini

www.lusentivini.com 

 

Il settore del vino, come tanti altri in Italia, è stato attraversato in questi anni, soprattutto nelle piccole e medie imprese, dalla locuzione “passaggio generazionale”. Un’espressione che non sempre lascia intuire la nascita di un nuovo corso, ma piuttosto l’intenzione di voler spezzare una catena familiare che deve resistere. Nell’azienda Lusenti in Val Tidone, a Vicobarone di Ziano Piacentino, sta avvenendo qualcosa di diverso. Ne abbiamo parlato con l’ultima generazione, rappresentata da Martina.

 

La storia (in breve) fino a Martina

Facendo un balzo indietro incontriamo, nell’albero generazionale di questa azienda vitivinicola, Gaetano Lusenti, che negli anni ’60 acquisisce nuovi terreni e impianta nuovi vigneti partendo da una proprietà acquisita dal padre Pietro. Poi è il turno di Lodovica, la più giovane delle figlie di Gaetano, che da allora ha dato all’attività tutto ciò che si poteva dare: dedizione, innovazione, studio accorto, pertinenza territoriale, innovazione.
Da qualche anno è entrata anche Martina, figlia di Lodovica. La sua è una storia in cui molti giovani possono riconoscersi e che vale la pena raccontare.
“Il mio incontro con il mondo del vino non è stato certo amore a prima vista. Non nego di aver sempre provato un senso di costrizione dovuto alle mie origini. Quando nasci in un contesto così intimamente legato a un’attività sembra che non ci possa essere alternativa, che la storia sia già scritta. Oltre al fatto che ho potuto capire fin da subito, vedendo mia madre, quanto questo lavoro richieda dedizione estrema. Sicuramente anche per tutto questo sono cresciuta con un animo un po’ ribelle, al punto che prestissimo mi sono allontanata dalla Val Tidone per frequentare un collegio. Enologico però, così a casa erano più felici!” dice con ironia.

A collegio concluso, dopo un anno di stop, Martina parte per un’esperienza in Australia; si ritrova dopo qualche tempo in Margaret River, area nota per il vino. Difficile, anche per lei, capire se sia stato un richiamo silenzioso alle origini.
“In quell’azienda australiana facevo esattamente l’opposto di ciò che mi aveva insegnato mia madre, che ha fatto dei lieviti indigeni, delle fermentazioni spontanee, del recupero delle varietà autoctone piacentine e delle pratiche agronomiche non invasive la sua filosofia. Devo dire che il mondo del vino però ha sempre voluto farmelo conoscere ad ampio raggio: abbiamo aperto e assaggiato di tutto. Oggi sono fermamente convinta che per capire i vini naturali bisogna aver bevuto anche molti vini convenzionali. E l’esperienza in Australia mi è comunque servita, per ripensare alle mie origini”.

Lusenti, sui colli piacentini

La prima sfida
"C’è stato poi un momento piuttosto difficile per mia madre che reso necessario il mio ritorno” confessa Martina. “L’ho affiancata iniziando ad occuparmi delle pratiche commerciali visto che conoscevo l’inglese. Non ho avuto tempo né insegnanti, ma non c’erano alternative. Così, a ventuno anni, già andavo negli Stati Uniti per contrattare la vendita dei vini Lusenti”.
Probabilmente è stato in quei frangenti che Martina ha capito che la sua strada, e quella dell’attività di famiglia, potevano riconciliarsi. C’erano molta rabbia e molto rigetto per un mestiere a cui ci si dedica senza orologio al polso, lo si intuisce dalle sue parole. Ma qualcosa di più grande si è mosso dentro.
“Quattro anni fa ho iniziato a mettere le mani anche in azienda, intendo nella produzione. La sfida che mi sono posta era davvero tosta, non ci credeva nessuno. Ha un nome: Rorippa, un macerato bianco da uve vecchie, 90% Chardonnay e 10% Malvasia di Candia Aromatica, da fermentazione spontanea. Siamo stati sorpresi del risultato e del riconoscimento anche da parte della ristorazione. Sicuramente il motore della buona riuscita è stata la determinazione di volere dimostrare che potevo essere in grado… poi, naturalmente, alla natura non so comanda e lì si è espressa al meglio”.
Martina ci racconta anche come l’ha vissuta Lodovica: “Penso si sia convinta osservando la mia passione e le mai dedizione. Poi, una volta entrato in commercio, hanno contribuito in senso positivo le richieste arrivate dai ristoratori”.

La congiunzione
Potremmo definirlo un attestato di fiducia? Forse. Da quel momento Martina ha affiancato la madre nell’attività, nel modo migliore che ci si possa auspicare: con dialogo, rispetto e aiuto reciproco. È nata una nuova linea, oltre a quella storica fondata e alimentata da Lodovica, che è posizionata in tantissime realtà di ristorazione.
“Il progetto vitivinicolo di mia madre, che è stata sicuramente un’avanguardista su tanti fonti, viene condotto con la stessa cura ed è un progetto sano, ancora in crescita. Gli abbiamo affiancato una nuova linea, diciamo sperimentale. In realtà mi preme sottolineare che usciamo con 40.000 bottiglie l’anno… sappiamo cosa stiamo facendo. Tanto sperimentale non è!”
Si tratta di una selezione che comprende quattro rifermentati in bottiglia (Emiliana, Ciano, Ciaomare, Mare d’inverno), un bianco fermo e un rosso fermo.
“Ho un interesse spropositato per i rifermentati. - continua Martina - Sono produzioni complesse, perché si lavora con lieviti indigeni ed il vino rifermentato è come se nascesse un’altra volta. Dal nostro, abbiamo l’esperienza solida di mia madre, che lo fa da anni, e quella mia a cui sto dando corpo sul campo. Credo ci sarà un assestamento della richiesta dei rifermentati, dopo l’esplosione di questi anni. Noi continueremo a produrli perché questa zona, i suoi terreni, e i vitigni che abbiamo, si prestano. Sarebbe un oltraggio enologico non farli con queste condizioni”.
Di pari passo si sta sviluppando anche un filone comunicativo, come ci racconta.
“Negli ultimi anni ho preso in mano la comunicazione della nostra azienda. Oltre al fatto che credo sia fondamentale comunicare, era davvero indispensabile trasmettere alle persone la coerenza della nostra azienda, le nostre radici e le nostre intenzioni. La risposta ci sembra positiva, nonostante la delicatezza fisiologica di queste fasi evolutive”. 


Dopo aver parlato con Martina è facile pensare alle tante storie di genitori che si oppongono alle idee dei figli. Viene anche alla mente quell’espressione orripilante, che abbonda in molte aziende e in molti ristoranti: si è sempre fatto così. Qui, in Val Tidone, tra i filari di Ortrugo, Malvasia e Bonarda, intravediamo un modo diverso di intendere il futuro. Più che un passaggio generazionale… una congiunzione che porta a qualcosa di nuovo, senza smarrire ciò che c’è già e merita di rimanere.

a cura di

Giulia Zampieri

Giornalista, di origini padovane ma di radici mai definite, fa parte del team di sala&cucina sin dalle prime battute. Ama scrivere di territori e persone, oltre che di cucina e vini. Si dedica alle discipline digitali, al viaggio e collabora con alcune guide di settore.
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