Può sembrare un dato acquisito, ma non lo è. La distinzione tra gli oli destinati alla cottura e gli oli da utilizzare in via esclusiva per condire non è ancora chiara a tutti. Si tende a credere che l’olio valga per qualsiasi contesto, il che, soprattutto per ciò che concerne gli oli extra vergini di oliva, non è poi così sbagliato, almeno sul piano concettuale, essendo oli piuttosto versatili, adatti a molteplici impieghi, sia a crudo sia in cottura. Alcuni di essi, tuttavia, sono di una qualità talmente elevata che non ha senso utilizzarli in cottura. Ciò non significa che siano tuttavia da escludere. Si ragiona in questi termini: se con le alte temperature tutti gli oli si alterano, che senso ha ricorrere a oli dai tratti sensoriali di grande finezza ed eleganza, dai profumi piacevolissimi e variegati.
La considerazione è giusta, a patto che non passi l’idea che gli oli di qualità siano inadatti in cottura. Non è così, perché è proprio per la loro alta qualità che risultano più adatti, in quanto reggono meglio le alte temperature, per via del loro alto contenuto in bio-fenoli dalla forte valenza antiossidante. Il risultato è migliore sia in termini gastronomici, sia per i conseguenti vantaggi nutrizionali e salutistici. Ragionando tuttavia sul piano dei costi, la questione ha la sua importanza. Si può risparmiare. Per un ristorante è sufficiente utilizzare un comune olio extra vergine di oliva, o addirittura un olio vergine di oliva (seppure sia difficile trovarne sul mercato dei prodotti confezionati), ma andrebbe bene anche un olio di oliva o un olio di sansa di oliva. Tutta la gamma degli oli ricavati dalle olive garantisce di fatto le medesime prestazioni, in termini gastronomici e salutistici.
Ovviamente, optando per le qualità più elevate, le prestazioni saranno migliori e ben più efficaci. Il ristoratore può benissimo scegliere in funzione del prezzo più conveniente, ma senza che con ciò avalli l’alibi del ricorso a oli scadenti, o perfino inadatti alla cottura. Quando si cuoce un alimento non è necessario un olio troppo caratterizzato sensorialmente: sono indicati oli poco amari e piccanti. Ciò che interessa, è la maggiore resistenza al calore e la conseguente stabilità della materia grassa, in modo da non alterare il gusto e nuocere alla salute. Se si volesse optare per un olio alternativo agli oli evo, per esempio nel caso della frittura, allora sarebbe più indicato ricorrere agli oli di arachide o a quelli di girasole ad alto contenuto oleico. Fin qui, i consigli per gli oli destinati alla cottura. Quanto agli oli da impiegare per la finitura di un piatto, è ben disporre di almeno tre diverse tipologie, in base al grado di percezione delle note fruttate: leggere, medie e intense. In tal modo sarà possibile utilizzare gli extra vergini più appropriati in base agli ingredienti con i quali abbinarli.
A crudo (per esempio su insalate, zuppe, minestre, paste asciutte, o in altre possibili combinazioni) gli extra vergini vanno impiegati con moderazione (ne basta versare poco, ogni eccesso è da evitare) proprio per via dell’alto effetto condente (più sono accentuate le note amare, piccanti e sapide, più va ridotto l’olio da versare). Ed è pure da tener ben presente il fatto che per la loro funzione plastificante e di attenuatore del gusto salato, gli extra vergini assolvono il compito di armonizzare i sapori di un piatto apportando salute e benessere – aspetto che non è mai da trascurare. Gli extra vergini, pertanto, non sono oli da equiparare a tanti altri grassi alimentari: il loro punto di forza, che fa sempre la differenza, è nella loro complessità e multifunzionalità.
Anche se la distinzione tra oli da cottura e da condimento è corretta, ciò non deve costituire un alibi per relegare gli extra vergini al ruolo marginale di semplice e generico condimento. Ogni extra vergine va degustato e interpretato, prima di ogni impiego. Sarebbe il caso di introdurre un carrello degli oli e la conseguente carta degli oli, senza trascurare il fatto che anche nel menu sarebbe opportuno indicare, sotto ogni voce, l’olio utilizzato. Quanto infine agli aspetti relativi ai costi, non si può transigere. Per gli oli da condimento non si può concepire l’obiettivo del risparmio fine a sé stesso. Un esempio: a fine cottura non si troveranno i profumi e gli aromi presenti all’origine, così, per compensare la perdita di fragranza, è bene versare a crudo alcune gocce d’olio, in modo da conferire quel tocco finale che fa sempre la differenza. A crudo, solo oli eccellenti, senza badare a spese.
Luigi Caricato