Il personale lo trovò. Per la cucina, tra alcuni suoi collaboratori negli anni; il sommelier, che avrebbe svolto anche il ruolo di maitre di sala, lo individuò in Andrea Forti, uno bravo, con molta esperienza alle spalle, che accettò la scommessa di Autem. Un nome che è tutto un programma: dal latino Altrimenti.
Andrea si ricorda dei primissimi tempi, quando c’era da fare la carta dei vini: “Quanto hai da spendere per questa carta?”, chiese a Luca.
Lo chef gli mise in mano un contenitore con molti fogli trasparenti, comprato da Tiger per sette euro, e gli rispose: “5.000 euro”.
La prima carta fu un concentrato di 60 etichette, a due/tre bottiglie per etichetta e occupava solo i primi cinque fogli del contenitore. Finì nel giro delle prime due settimane dall’apertura.
“Un buon segno” si dissero entrambi.
Oggi la carta dei vini di Autem è di circa 100 etichette suddivisa tra vini fragranti, complessi ed estremi che consente una scelta ben delineata e, soprattutto, si apre su una frase di Pablo Neruda che sintetizza alla prefezione cos’è oggi, a otto mesi dall’apertura, Autem: “Amo sulla tavola, quando si conversa, la luce di una bottiglia di intelligente vino”.
Perché questo è Autem, un ristorante vero, dove si ritrovano appieno le riflessioni del più grande gastronomo di tutti i tempi, Auguste Brillat-Savarin, quando afferma che “la tavola è il luogo in cui un bisogno diventa una voglia. Qualcosa che dobbiamo fare – nutrirci – diventa qualcosa che ci piace – mangiare – e qualcosa che ci piace diventa poi qualcosa che cerchiamo di fare con grazia”.
Merito di tutto ciò sono le modalità di servizio che si svolgono ad Autem, dove il maitre Andrea Forti si approccia con un garbo eloquente di cosa ci si aspetterà da quel momento in avanti; dove i ragazzi di sala, un timidissimo e audace Gabriele Natalini, il diciottenne fratello di Luca che è venuto a sostenerlo in questo progetto, e due ragazze particolarmente gentili, Marianna Sibillano e Silvia Berrettoni, che sono studentesse universitarie a Parma, sanno interpretare i concetti dell’ospitalità come se fosse questo ciò che hanno sempre fatto.