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Aggiungi un olio a tavola. L'EVO di qualità visto da clienti e ristoratori

14/02/2025

Aggiungi un olio a tavola. L'EVO di qualità visto da clienti e ristoratori

In questo inizio di 2025 ha senso tornare a parlare di Olio Extra Vergine di oliva, prodotto di assoluta eccellenza nel nostro Paese ma che continua ad arrancare nel percorso di valorizzazione che, senza ombra di dubbio, meriterebbe. Su Sala&Cucina nel tempo vari approfondimenti sono stati dedicati all’argomento (e mi sento di suggerire quelli a firma dell’esperto Luigi Caricato) ma stavolta andremo ad approfondire la questione focalizzandoci su come si è modificata negli ultimi anni la percezione dei consumatori. Inevitabile procedere in superficie, perché non si tratta di una ricerca di mercato o di analisi statistiche, ma di osservare l’evoluzione del rapporto tra olio di qualità e persone che lo acquistano e consumano.

Alla domanda diretta “è migliorata la sensibilità del mercato nei confronti dell’olio EVO di alto livello?” la risposta da parte di produttori, frantoiani, studiosi e ristoratori appare coerente, ovvero per la stragrande maggioranza è affermativa. E allora vale senz’altro la pena chiedersi il perché: “Bisogna partire dal considerare un discorso tecnico - chiarisce Roberto Mariotti, esperto di genetica vegetale presso il Cnr e referente olio per Slow Food Umbria - perché la strategia di estrazione è cambiata tantissimo. Appena 20 anni fa eravamo 50 e 50 tra la macinatura tradizionale a pietra e le tecnologie d’estrazione più moderne. Ora molazze e presse, la cui invenzione risale a centinaia di anni fa, sono quasi scomparse e il salto qualitativo è stato recepito anche dal consumatore. Prima era impossibile fare certe sperimentazioni sui monovarietali, perché l’olio usciva in gran parte difettato e non se ne poteva apprezzare la qualità".
Evitiamo qualsiasi cambio di rotta nel nostro ragionamento, perché sarebbe facile perdersi all’interno di un argomento così ampio, quindi lasciamo da parte gli elementi tecnici e passiamo a chi l’olio lo consuma: "In una qualsiasi fiera si può fare l’esperimento - prosegue Mariotti - se fai assaggiare un olio scadente, uno medio e uno ottimo… tutti riconoscono le differenze. E addirittura molti chiedono subito dove possono comprare quello migliore. Ciò che resta da capire è perché non si può fare una cosa simile nei ristoranti”.

Pare essere evidente che, dopo anni di iniziative volte a sensibilizzare il pubblico sull’olio EVO, finalmente i tempi siano maturi per elevare questo prodotto. Spunta però il classico “ma”: “Chi è abituato a oli scadenti, purtroppo fa il gusto su quello - sottolinea Gianfranco Ciarletti, produttore e già presidente del Club Unesco di Spoleto - e questo è il rovescio della medaglia. Perché da tempo le persone che vengono in azienda chiedono se si può assaggiare l’olio, non solo quanto costa come avveniva prima. Se possono apprezzarlo e gli spieghi cosa stanno gustando, i clienti si fidelizzano facilmente. Ben di più rispetto al pubblico del vino, che assaggia tante più cose e ama variare.
Quello dell’olio se trova ciò che gli piace tutti gli anni ricerca lo stesso prodotto”. Qui sarebbe facile tornare alla domanda già emersa prima, ovvero come mai resta bassa rispetto al potenziale la curiosità dei consumatori nei confronti dell’olio EVO di qualità. In molti sostengono che il ruolo chiave sia dei ristoratori: "Troppi nella ristorazione pensano che non valga la pena di spendere per un olio buono - prosegue Ciarletti - ma anche se banalmente analizzassero il food-cost vedrebbero che la differenza può essere 30-40 centesimi a piatto, quando un olio di qualità può valorizzare fortemente quel piatto. O semplicemente si potrebbe accogliere il cliente facendogli assaggiare l’olio su una fetta di pane e spiegandolo brevemente. Se servi olio di qualità e pane fatto bene si stimola la colecisti, quindi si apre lo stomaco e probabilmente mangeranno di più”.

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Avevamo promesso che non ci saremmo addentrati in questioni tecniche, quindi tenteremo di farlo anche al cospetto di un esperto come Alessandro Vujovic, grande conoscitore di tematiche legate all'olio EVO, specialista in analisi e docente nonché consulente Tecnico d'Ufficio del Tribunale di Perugia per l’olio di oliva: “La sensibilità delle persone sta evolvendo, ma ci sono tanti imbonitori che parlano per sentito dire e questo non aiuta, anche perché si rischia di restare in superficie. C’è chi prende l’olio la mattina a cucchiaiate, come fosse sciroppo, pensando che questo giovi alla salute.
Oppure persone che acquistano olio di qualità ma poi lo lasciano per mesi nella latta aperta senza travasarlo, rovinandolo inevitabilmente. E poi, come emerso da una ricerca condivisa da Maria Lisa Clodoveo, al supermercato le persone stanno pochi secondi davanti all’etichetta dell’olio, continuano a guardare il prezzo come principale elemento di scelta. Così è difficile comunicare correttamente le cose mentre basterebbe anche solo una lezione a cuochi e personale di sala, guidandoli nell’assaggio di oli realizzati da frantoi locali, per innescare un circolo virtuoso. Se al ristorante consiglio l’olio di un frantoio vicino, è molto probabile che il cliente lo vada a comprare. L’interesse nei confronti degli Extra Vergine di qualità in generale è migliorato, ma le persone lo considerano ancora un mero condimento, la cultura dell’olio ancora non c’è”. 

Aggiungi un olio a tavola. L
Aggiungi un olio a tavola. L

Per capire cosa si sta facendo su questo fronte può essere utile prendere come esempio la realtà EvooSchool, supportata operativamente dal Consorzio olivicolo italiano Unaprol. L’obiettivo dichiarato è quello di far progredire il settore olivicolo attraverso un progetto culturale, formando professionisti ma soprattutto promuovendo la conoscenza dell’olio EVO tra studenti, consumatori, imprenditori agricoli, frantoiani, responsabili acquisti della GDO e operatori della ristorazione: “I corsi aumentano sempre di più - rivela Giulio Mannelli, presidente Aprol Umbria e membro del consiglio direttivo di Unaprol - con richieste in crescita sia da parte di curiosi ma anche degli operatori del settore. Mi riferisco non solo a chi vuole entrare nella produzione ma anche a professionisti della ristorazione.
Questi ultimi dovrebbero essere i profeti che parlano di olio di qualità sensibilizzando i clienti, ma per mia esperienza spesso non è così. Eppure i tempi sono maturi, lo vedo anche in frantoio. Ora chi si fa l’olio per casa dice “fammi l’olio buono”, non puntano alla resa massima com’era prima. Chiarisco, c'è consapevolezza in più anche se ovviamente la strada è ancora lunga. Però ormai molta gente è ben consapevole che se un olio costa poco qualcosa non quadra”.
Eccoci di fronte all’ennesimo bivio, dove potremmo svoltare e tentare di spiegare le basi per giudicare la qualità di un olio EVO. Non lo faremo per rimanere coerenti con le nostre intenzioni, ma possiamo approfittarne per chiudere con un piccolo trucco adatto anche ai novizi: "Sentire note fresche, nell’olio come in qualsiasi prodotto alimentare, è un segnale di freschezza. Quindi le note erbacee che si apprezzano in un olio ben fatto è la base per iniziare a riconoscerli".

a cura di

Michele Bellucci

Giornalista-contadino, scrive di cultura ed enogastronomia per Il Messaggero e nel 2019 ha creato una Fattoria didattica in Umbria. Formatore in comunicazione e marketing. È Sommelier, Degustatore di olio EVO, esperto di analisi sensoriale del miele.
 
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