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La famiglia Coati si racconta

13/04/2025

La famiglia Coati si racconta


Accettare di raccontare qualcosa di più di un’azienda che è parte integrante della tua famiglia, della tua vita, non è così facile per chi, da sempre, alle parole antepone i fatti, fa sì che siano quelli a parlare. Col rispetto (e l’ammirazione) per chi sceglie questa linea, in mezzo a tanto frastuono comunicativo, mi approccio ai tre fratelli Coati, Giampaolo, Beatrice e Federica, del Salumificio Coati - nell’Olimpo delle eccellenze con la ricercatezza dei suoi salumi - per una serena chiacchierata in cui, ne sono sicura, qualsiasi cosa uscirà ne sarà valsa la pena.
Ciò che percepisco, non appena iniziamo a scambiare qualche battuta è il loro essere diretti, frontali, non ridondanti ma mirati ed efficaci nell’esprimersi.  Opportuni, come di chi è abituato a essere molto concreto.
Non ci girano tanto intorno, in un percorso costellato di successi crescenti, di soddisfazioni a piene mani, partono proprio da lì, da quel momento che ha  determinato come uno spartiacque tra un prima e un dopo, nella lora attività, inducendoli a tirar fuori il meglio di quello che sono diventati nel corso degli anni e con il conforto di raccogliere tutto il bene che hanno saputo distribuire nel tempo a chi gli stava accanto, dai dipendenti ai fornitori fino ai clienti.

La famiglia CoatiLa famiglia Coati

Quella capacità di fare impresa che non può essere minata
Ascoltare dalla viva voce dei diretti interessati il resoconto di un devastante incendio, che in un giorno ha materialmente carbonizzato il lavoro di una vita, potrebbe anche destabilizzare ma è troppo dinamico il racconto dell’immediata reazione, per lasciare cadere il cuore. Schiaffo e controschiaffo: il secondo è quello che cattura di più. Perché ci vuole quella razionalità e quel coraggio che in determinati momenti è tutt’altro che scontato riuscire a tirare fuori.
“Era il 9 febbraio quando in azienda è divampato l’incendio - ci racconta Giampaolo -, il 10 siamo venuti a vedere lo stabilimento in cui siamo oggi, l’11 lo abbiamo fatto visitare ai dipendenti e il 12 mattina abbiamo firmato per l’acquisizione di quell’azienda, sempre un salumificio, che aveva una produzione limitata però”.
Tre giorni per organizzarsi e proseguire, nel senso di  voler dare comunque seguito all’attività, praticamente quasi senza stacco,  “perché, se l’azienda va bene, la tua visione strategica, la tua capacità di operare rimangono. L’incendio non ci ha tirato via il saper lavorare, seppur certamente fra mille criticità” è il messaggio che è suonato fortissimo a loro stessi e ai propri dipendenti. “I dipendenti… con loro – interviene Beatrice - abbiamo instaurato da sempre un rapporto molto schietto, di chi chiede tanto impegno e responsabilizza però ascolta, sa ascoltare le esigenze di ciascuno veramente. E in questo momento loro erano fortemente nei nostri pensieri”.

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Prosciutto cotto Oro Rosa RiservaProsciutto cotto Oro Rosa Riserva

L’emergere della consapevolezza della propria forza
Di fatto la produzione è partita  realmente in tempo record, con fornitori che dalla sera alla mattina si sono attivati per reperire macchinari ovunque, tanto per cominciare, per implementare la produzione (poi pian piano sono arrivati quelli ordinati ) e clienti che si sono messi a disposizione: “Una solidarietà, che ci è parsa come un riconoscimento dei rapporti instaurati negli anni, e ci ha fatto bene. Non ci siamo sentiti soli!” ricorda Giampaolo, che non esita a sottolineare: “Quell’incidente di percorso, come noi lo abbiamo definito, ci ha tolto tanto ma ci ha dato pure tanto, ci ha dato consapevolezza della forza di cui possiamo essere capaci, ci ha fatto vedere il lavoro in modo diverso, ci ha fatto fare investimenti che stiamo portando avanti in modo diverso”.
Proviamo solo a pensare a quanti occhi è occorso avere in quei giorni e su quanti fronti è stato necessario agire. Non esistono pozioni magiche. In questo caso però si riesce a individuare, oltre all’ancòra del saper fare impresa con oltre 20 anni di brillante attività, un punto fermo su cui i tre fratelli hanno potuto fare leva in modo particolare: “La nostra – ci confida Federica – è una famiglia molto unita. Noi fratelli siamo una cosa sola, in interazione continua tanto nella vita lavorativa quanto in quella privata, e credo sia perché abbiamo sempre dovuto lottare per arrivare, fin dall’inizio - nel 2000 - quando abbiamo rilevato un’aziendina di quattro dipendenti, solo con tanta voglia di partire e una banca che ci ha dato fiducia. Ecco devo dire che quel che è accaduto nel 2023 allo stabilimento, acquistato nel 2010, ci ha trovato invece, rispetto all’inizio, forti di un’esperienza pregressa a cui non abbiamo esitato ad attingere. Se i primi 6/7 mesi ci hanno visti tutti ininterrottamente coinvolti sette giorni su sette nella riorganizzazione del lavoro, i primi due anni ci sono serviti a prendere confidenza con le nuove condizioni. Poi quando cominci a spingere sui numeri e a vederne i frutti prendi consapevolezza…”.
Oggi hanno deciso di rilanciare, costruendo un ulteriore nuovo stabilimento di circa 45 mila metri quadrati a Bussolengo, fronte autostrada, ancora più performante e con un bel potenziale produttivo.  Essendo di nuova costituzione sarà dotato di tutti i requisiti di rispetto ambientale, sostenibilità, certificazioni richieste dai Paesi esteri e consentirà di lavorare in maniera ancora più importante su ricerca e sviluppo. Qui verrà realizzato il polo logistico per tutto il gruppo. Sarà mantenuta anche l’attuale sede e creati due maxi segmenti, tenendo separati i prodotti cotti da quelli stagionati (i primi rappresentano oltre il 50% della produzione).

La famiglia Coati si racconta

La solidità va costruita tassello su tassello
In ogni storia che si rispetti, se si è dotati di onestà intellettuale, si riconoscono tempi e persone che vi hanno inciso. E se si è magnanimi lo si dice apertamente: “L’arrivo del nostro attuale direttore commerciale, Massimo Zaccari, nel 2014, ci ha cambiato pelle. Eravamo molto focalizzati su prodotti mass market. Con lui abbiamo ottimizzato il processo produttivo andando ad aumentare costantemente la qualità del prodotto, e lo abbiamo fatto anche attraverso parecchi investimenti in innovazione tecnologica. E sia chiaro – ci tiene a specificarlo Beatrice - che questo non ha comportato la diminuzione di personale, da quattro che eravamo siamo arrivati a 300 dipendenti – ma, anzi, una loro formazione per essere in grado di gestire a livello informatico tutti i processi. E ci teniamo a sottolineare che nella nostra azienda attuiamo un controllo di filiera fin dall’inizio: acquistiamo pezzi di maiale o mezzene, estrapoliamo le diverse parti e decidiamo cosa farne. Viene tutto lavorato da noi e questo fa la differenza sulla qualità dei prodotti” spiega Giampaolo che è un profondo conoscitore della carne e geniale nello studiare soluzioni in termini di automazione.

A questo punto voglio parlare anche con Massimo Zaccari e il responsabile vendite Simone Checchi, che interagiscono strettamente, insieme a un gruppo di colleghi, con la proprietà. Che anche loro raccontino, lato collaboratori /dipendenti, di questa che si è già delineata come una realtà capace di dare non pochi spunti di riflessione.
Mi colpisce il loro modo accorato di parlare di questa azienda che considerano affettivamente cosa loro. Sento forte sulla pelle, mentre si alternano nel racconto, i sentimenti, gli stati emotivi che li hanno attraversati nei vari stadi prima di entrare a regime e comprendo che li anima una motivazione profonda, strutturata, per niente superficiale, come di chi nel tempo ha messo radici. “Indimenticabile – ci racconta Massimo Zaccari- la “benzina emotiva”, che ha rappresentato in quei frangenti in cui ci siamo trovati a fare salti mortali, è stata la benevolenza del cliente e l’accettazione di tempi di consegna meno immediati, di contro a quello che avrebbe potuto essere disinteresse”. E aggiunge Simone Checchi: “Solo in certe situazioni riesci a capire se il rapporto col cliente era sano o incentrato sul business”.
“C’è anche da dire – prosegue Massimo Zaccari - che siamo un’azienda con un buon carico di energia personale che si assomma, vivendo noi tutti la dimensione di gruppo, di famiglia”.
“A fronte di un atteggiamento rigoroso, che chiede rigore – rimarca Simone Checchi -  viene poi accordata quella fiducia che ti consente di lavorare serenamente e portare avanti le cose in autonomia  - senza che venga detto cosa fare - ma condividendo, confrontandosi. Giusto per preservare questo delicato equilibrio, nella scelta delle persone il profilo personale viene privilegiato rispetto a quello professionale, perché avere un’affinità di visione è più importante, in un simile sistema”.


 

Punte di diamante
Non si può a questo punto non parlare dei prodotti di quest’azienda, di certe punte di diamante.
Di solito è da questo che si parte, noi ci arriviamo a conclusione della chiacchierata perché è semplicemente un “ne consegue” di uno stare al mondo, di un approcciare al lavoro, di far prevalere con forza certi principi che a ben guardare non sono che la naturale materializzazione della parola sostenibilità.
“Una delle soddisfazioni più grandi - ci confida Massimo Zaccari – è stato ricevere un riconoscimento, 5 spilli sulla Guida salumi d’Italia, per il Salame Ungherese, salame a grana finissima, con aromi e spezie naturali, realizzato nello stabilimento in cui stiamo operando, a conferma di una filosofia produttiva improntata nel precedente stabilimento. C’è poi un prodotto nato dopo l’incendio, il prosciutto cotto Oro Rosa Riserva, legato a mano e disossato in maniera antica (sfilato l’osso), premiato a sorpresa fra i primi 10 migliori cotti d’Italia dal Gambero Rosso. Dietro questo prodotto c’è la ricerca di una materia prima pregiata, lavorata in modo artigianale, una cottura sottovuoto superiore alla media (27 ore contro le 17/20 convenzionali) e un sistema piuttosto arcaico di aromatizzazione, per cui viene fatta una bollita con diverse verdure e spezie, ne viene estratto un brodo vegetale che unito alla carne le farà esprimere profumi e aromi di una volta. Una fetta di Oro Rosa si presta anche ad essere tagliata a mano e assaporata spessa, per la sua morbidezza, particolare scioglievolezza e perché ci riconduce a quella dimensione del ricordo che ci scalda l’anima”.
Parlando di cotto Giampaolo mi regala una chicca. “Si ricordi - mi dice – che il prosciutto cotto non è un prodotto che dopo la cottura ha già un gusto stabile. Anche una volta confezionato ha una continua maturazione, seppur sottovuoto. Un cotto appena fatto è come un pandoro appena fatto: l’aromatizzazione è ancora vagante”. Più ti cali nel prodotto per bocca del produttore e più ne scopri!”

Cosa mi resta dei tre fratelli Coati? Il loro volersi bene ed essere improntati al bene dei propri dipendenti: 300 figli che non stanno mancando di contribuire alle non poche soddisfazioni macinate dall’azienda.
L’amore fa grandi cose! La vera rivoluzione, oggi che ci arrampichiamo persino sugli specchi, sta tutta qui!

Da sinistra Simone Checchi e Massimo ZaccariDa sinistra Simone Checchi e Massimo Zaccari
a cura di

Simona Vitali

Parma, la sua terra di origine, e il nonno - sì, il nonno! - Massimino, specialissimo oste, le hanno insegnato che sono i prodotti, senza troppe elaborazioni, a fare buoni i piatti.
Non è mai sazia di scoprire luoghi e storie meritevoli di essere raccontati.
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