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La storia del baccalà che collega la Norvegia all’Italia

18/12/2024

La storia del baccalà che collega la Norvegia all’Italia

Baccalà mantecato in Veneto, filetti fritti in pastella a Napoli e Roma, baccalà alla ghiotta in Sicilia… Sta per arrivare il periodo natalizio, il momento dell’anno in cui il merluzzo diventa protagonista delle tavole italiane, da nord a sud. Prima di tutto la chiarezza: baccalà è il merluzzo conservato sotto sale, mentre se lo stesso pesce viene essiccato all’aria diventa stoccafisso (tranne per i Veneti, per i quali è tutto baccalà). Nonostante provenga dalle fredde acque del nord, è diventato un simbolo delle feste di casa nostra, ma come è stato possibile? 

Tutto ebbe inizio nell'aprile del 1432, quando un nobile mercante veneziano di nome Pietro Querini salpò dall’isola di Creta diretto verso le Fiandre. Durante il viaggio, tuttavia, all’altezza del capo Finisterre, nel nord della Spagna, la nave fu colpita da una tempesta che la spinse alla deriva sempre più a nord. Quirini e pochi altri superstiti dell’equipaggio riuscirono a raggiungere la terraferma solo nel gennaio dell’anno successivo, approdando sull’isola deserta di Sandøy, vicino a Røst, nell’arcipelago norvegese delle Lofoten. Accolti dagli abitanti dell’isola, i naufraghi rimasero circa quattro mesi a Røst prima di fare ritorno a Venezia, portando con sé alcuni prodotti del luogo. Tra questi vi era lo stoccafisso, il merluzzo essiccato all’aria che un tempo sosteneva i Vichinghi nei loro lunghi viaggi in mare. Il ricco, nutriente e saporito merluzzo essiccato si rivelò un successo culinario immediato, trovando presto spazio in molti piatti regionali di tutto il paese. Nacque così una nuova improbabile rotta commerciale, che collegava le città-stato rinascimentali italiane con le solitarie isole Lofoten

 

La storia del baccalà che collega la Norvegia all’Italia
Il primo riferimento letterario al commercio del baccalà essiccato si trova in una scena della Saga di Egil, un racconto vichingo ambientato nel IX secolo. Ogni inverno, da più di mille anni, i pescatori norvegesi accorrono in massa nelle isole Lofoten per catturare i grandi e carnosi merluzzi migratori, che giungono a milioni dal Mare di Barents per riprodursi tra i fiordi delle isole norvegesi, in particolare intorno a Røst. I pesci vengono puliti, sventrati e appesi per la coda ad asciugare per diverse settimane, solitamente da febbraio, quando inizia la stagione, fino ad aprile, seguendo il metodo tradizionale: all’aperto, in coppia e su telai di legno a doghe visibili in tutta l'isola. Successivamente, per evitare che le piogge primaverili li rovinino, vengono portati al chiuso per completare l'essiccazione. Verso metà estate i pesci sono pronti, e da lì in poi ci si occupa del trasporto ed ella vendita.
La storia del baccalà che collega la Norvegia all’Italia

La realizzazione dello stoccafisso ha contribuito a rendere ricchi gli isolani: Røst, per esempio, ha il più alto numero pro capite di milionari in Norvegia, e questo grazie ad una posizione geografica unica. Non solo la natura porta milioni di merluzzi migratori nelle loro acque ogni inverno, ma grazie agli effetti modificatori della Corrente del Golfo, questo luogo gode anche di inverni eccezionalmente miti. Sebbene l'arcipelago si trovi al di sopra del Circolo Polare Artico, a circa 68º a nord, le temperature invernali qui raramente scendono molto sotto lo zero o salgono molto al di sopra.

Se la temperatura scendesse anche solo di qualche grado in più il congelamento dei pesci scomporrebbe le cellule della loro carne e si otterrebbe un prodotto giallastro, gommoso e sgradevole al palato. D'altro canto, se la temperatura aumentasse troppo, si otterrebbe solo una lenta putrefazione. Negli ultimi anni, a causa della crisi climatica, la possibilità che il clima delicatamente equilibrato di Røst rimanga ideale per la produzione di stoccafisso è diventata una questione aperta, così come il riscaldamento delle acque, che incide sulle rotte migratorie del merluzzo. Un cambiamento già osservato è che altri villaggi di pescatori nelle Lofoten, un tempo troppo freddi per la conservazione dello stoccafisso, ora riescono a produrlo. Questo fatto pone delle questioni importanti: di cosa vivranno gli abitanti di queste isole se le temperature dovessero aumentare ancora? È possibile che, a causa del clima, l’approvvigionamento del merluzzo in Italia debba ridursi? 

Le caratteristiche peculiari dello stoccafisso sono state la ragione del suo grande successo in Italia, si tratta infatti di un prodotto leggero, altamente nutriente, può durare anni senza rovinarsi e si rigenera rapidamente immergendolo in acqua. Nel comune ligure di Badalucco si racconta che nel medioevo gli abitanti riuscirono a sopravvivere ad un assedio da parte dei mori solo grazie alle loro scorte di stoccafisso, motivo per il quale oggi in quel luogo si celebra una delle tante sagre dello stoccafisso presenti in Italia. Un’altra, forse la più celebre, è la festa del baccalà di Sandrigo, in provincia di Vicenza, che si tiene ogni settembre ed è una delle occasioni per gustare il celebre baccalà alla vicentina, talmente iconico da aver inspirato la nascita di una confraternita che dal 1987 ha lo scopo di salvaguardare e diffondere l’antica ricetta originale.

Al giorno d’oggi oltre il 70% della produzione di stoccafisso continua ad essere acquistata dall’Italia: 1.608 tonnellate solo nell’ultimo anno per un valore prodotto di 38 milioni di euro, secondo i dati del Norwegian Seafood Council. Alle isole Lofoten il legame storico con l’Italia persiste ed è palpabile: facendo una camminata per Røst ci si può imbattere in luoghi come il Querini Cafè e il Querini Park. Nel 2012, un'opera basata sul naufragio di Querini ha debuttato a Røst, ed è cosa nota che gli scambi commerciali abbiano abituato la popolazione autoctona a comprendere e parlare un po’ di italiano. 

In un panorama gastronomico dove la prossimità delle materie prime è ormai un valore cardine, è curioso che un prodotto come il merluzzo, pescato e lavorato lontano, sia così radicato nella tradizione italiana. Eppure, la cucina italiana è sempre stata riconosciuta nel mondo più per le sue tecniche di lavorazione che per i suoi prodotti, per come riesce a valorizzare delle materie prime che, come in questo caso, arrivano da fuori.

Il baccalà e lo stoccafisso, con la loro storia di scambi e contaminazioni, ci ricordano che una cucina non si può limitare solamente ai chilometri zero o ai nazionalismi, perché questi offrono una visione senza dubbio rassicurante, ma semplificata rispetto alla complessità della realtà. Forse, riflettere sull’importanza dello stoccafisso per la nostra tradizione, potrebbe aiutarci a capire meglio l’essenza stessa della cucina, un esercizio che potremmo dedicare proprio al periodo delle feste. 

 

a cura di

Federico Panetta

Varesotto di origine, è come una biglia nel flipper dell'enogastronomia. Dopo la formazione alberghiera lavora in cucina e si laurea in Scienze Gastronomiche presso l’Università di Parma. Oggi si occupa di comunicazione gastronomica collaborando con diverse riviste di settore.
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