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Cerchiamo di essere meno stupidi

15/07/2020

Cerchiamo di essere meno stupidi

Siamo consapevoli, un po’ di più, dopo la pandemia, che è assolutamente
necessario un nuovo modello di sviluppo,
in tutti i settori, ma
nell’agroalimentare ancora di più: parlare di sostenibilità, dopo la pandemia,
è importante, indispensabile, proprio per il fatto che questa disgrazia non è
capitata per caso ma è il frutto anche di una corsa troppo accelerata verso
modelli di vita e di consumo che danneggiano irreversibilmente il pianeta
.

In Italia abbiamo la fortuna di possedere una biodiversità straordinaria e di avere
aziende, anche nell’industria alimentare e non solo nell’agricoltura, che
mettono la salute delle persone davanti a tutto
. Lo abbiamo capito molto
bene, per tanti aspetti, piccoli e grandi: dai negozi di quartiere che
portavano a casa gli alimenti alle aziende che non hanno mai smesso di lavorare
per offrire cibo mettendo, prima di tutto, in sicurezza le persone addette ai
cicli produttivi.

La consapevolezza che l’Italia è un importante produttore alimentare ha avuto
un’eco maggiore tra le persone, riducendo, a parte le prime ore del lockdown
dove tutti eravamo attoniti, l’assalto ai negozi e ai supermercati. Questo e
altro ha portato le persone ad avere un rapporto diverso con il cibo; lo si
vede anche ora tra i menu dei ristoranti
, nelle scelte che si fanno nel
consumo fuori casa, dove i ristoranti che hanno ridotto l’offerta ragionando su
stagionalità e prodotti sostenibili sono quelli che hanno il maggior flusso di
persone.

Forse si sta affermando una cultura del cibo, come racconta in
un’intervista, Fabio Renzi, segretario generale di Symbola,
fondazione che da anni si occupa di promuovere la qualità italiana: “L’Italia
ha la qualità nel suo patrimonio genetico per tutta una serie di ragioni
storiche: le radici del Made in Italy affondano nella tradizione dei liberi
comuni, in quel momento tra feudalesimo e modernità in cui si consuma il
passaggio dall’economia dei bisogni a quella dei desideri e della
rappresentazione. Oggi si tende a recuperare un concetto di economia legata
anche ai valori culturali e sociali, da cui la qualità non è scissa né
indipendente. Oggi la qualità viene dalla sostenibilità ambientale, dalla
responsabilità sociale e dalla creatività, e in questo le aziende più virtuose
sono anche quelle più forti”.

La richiesta di responsabilità nei consumi deve però partire soprattutto dalle persone: “Un litro d’olio o un barattolo di pomodoro non possono costare pochissimo, se non a prezzo di schiavismo o di truffa – afferma Renzi –. Nutrirsi bene non è solo questione di stile, ma anche di salute: controllare quello che si mangia è la prima forma di prevenzione”.
Occorre andare avanti su questa strada senza cedere ad atteggiamenti autarchici, senza considerare la globalizzazione il male che ha generato tutto questo. Ormai siamo interdipendenti gli uni dagli altri e questo è un bene: lo scambio di culture è sempre stato il vento che ha fatto avanzare il progresso, non va fermato, va solo governato nel migliore dei modi.
Occorre consapevolezza, sapere che spendere un po’ di più per una confezione di pomodori, per una bottiglia di olio extravergine, per un chilo di pasta o per mangiare al ristorante fa bene a un’economia pulita, e fa ancor più bene alla salute.
Del resto non è una cosa profondamente stupida spendere 30 euro per una custodia di un cellulare di pura plastica e considerare caro un chilo di pasta di qualità a 3,50 euro?  Pensateci e vedrete che qualcosa cambierà pur di non sentirsi così stupidi.

Luigi Franchi

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