Non si parla mai abbastanza di pomodoro cinese: eppure le conserve sono la prima voce delle importazioni agroalimentari dalla Cina, delle quali rappresentano il 42% (dati 2010), e generano un valore di 498 milioni di euro, superiore due volte e mezzo alle esportazioni del Made in Italy verso Pechino, ferme a 192 milioni.
Cifre che non fanno piacere ai produttori nostrani, dopo che nel 2010 sono aumentati del 40 per cento gli sbarchi di concentrato di pomodoro dalla Cina, ma che a breve potrebbero causare molti mal di stomaco anche ai consumatori: in occasione della presentazione del primo rapporto “Dai lager cinesi alle nostre tavole?”, elaborato dalla Laogai Research Foundation, la Coldiretti ha fatto opera di divulgazione per far sapere a tutti la provenienza reale di questa massa esorbitante di alimenti.
Infatti sembra che siano quasi un milione i detenuti cinesi costretti ai lavori forzati in imprese agroalimentari, qualificabili come veri e propri “Lager”, per rendere produttivi 1,4 milioni di ettari di terreni. I produttori cinesi non solo si fanno beffe degli standard sanitari che vincolano la produzione europea e italiana, ma egemonizzano il mercato per mezzo del lavoro a costo zero fornito loro dai detenuti.
Una concorrenza spietata, dunque, iniziata negli anni ’90 e che ha portato la Cina ad essere il secondo bacino di produzione del pomodoro dopo gli Stati Uniti. Dalle navi battenti bandiera rossa a stelle gialle sbarcano fusti di oltre 200 chili di peso con concentrato da rilavorare e confezionare come “italiano”, dal momento che i contenitori al dettaglio devono indicare solo il luogo di confezionamento.
Una minaccia nascosta per la salute dei consumatori: basti pensare che il gigante asiatico, tra i suoi record, ha raggiunto nel 2010 il primato del numero di notifiche per prodotti alimentari irregolari, perché contaminati dalla presenza di micotossine, additivi e coloranti al di fuori de norme di legge.
Un record che fa poco onore all’industria di Pechino, e che mette in stato d’allerta quanti basano il proprio regime alimentare sul consumo di pomodoro. Praticamente tutti: ogni famiglia italiana acquista 31 chilogrammi di pomodori trasformati all’anno. Al primo posto sono i pelati (12 Kg), seguiti dalle passate (11 Kg), le polpe o il pomodoro a pezzi (5 Kg) e i concentrati e derivati (3 Kg). Il pomodoro da industria riguarda 8 mila imprenditori agricoli, che coltivano 85 mila ettari, e 178 industrie di trasformazione, che danno lavoro a 20 mila operai, con un valore della produzione superiore ai 2 miliardi di euro.
Per saperne di più:
http://www.coldiretti.it/