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Rostì: una rosticceria atipica

13/12/2023

Rostì: una rosticceria atipica

Non è una rosticceria, non è un ristorante, non è una paninoteca. Rostì ha più anime, tutte vivaci, come quelle del suo giovanissimo titolare e della sua squadra.

Matteo Del Cuoco, classe 1999, gli ha dato vita nel giugno del 2020 nel difficile periodo pandemico. Prima un locale da asporto, poi man mano qualcosa di più, tanto da rendere difficile costringere questo progetto in una sola definizione.

Al centro vi sono senz’altro i grandi fritti della tradizione napoletana, ma il menù spazia e offre uno spaccato di ciò che i millennials amano mangiare. Un’offerta gastronomica tradizionale in un ambiente moderno e dai colori allegri, l’opportunità di consumare in assoluta informalità, sedendosi all’interno del locale dopo aver ordinato al bancone.

Niente servizio diretto, si ordina e si attende il proprio turno per portarsi in tavola quanto scelto. Una formula che, in realtà, piace a tutti, in questo incrocio tra lo spirito della gastronomia e la qualità di un ristorante.

La sala di RostìLa sala di Rostì

La filosofia di Matteo Del Cuoco

Sono partito dalla mia passione per i fritti ma poi mi sono lasciato travolgere dai primi piatti e dai panini, ma non cedo su un aspetto: le nostre preparazioni sono tutte realizzate al momento, non ci sarà mai niente di pronto al bancone. Si ordina proprio come al ristorante e bisogna attendere il tempo necessario per realizzare un piatto espresso”, spiega il titolare di Rostì.

La sua idea è sempre stata quella di far riscoprire i sapori della cucina di un tempo, di cui è follemente innamorato, utilizzando metodi, attrezzature, ingredienti e impiattamenti contemporanei

Giovanissima la sua squadra, tutti tra i 21 e i 24 anni: Christian Aprano (sous chef), Salvatore Furino (sous chef), Carla Lignano (direttore di sala), Sabrina Lo Tufo (banconista), Francesca Cardaropoli (banconista).

Matteo Del CuocoMatteo Del Cuoco

Il menù di Rostì

Polpettine, frittatine, panati, primi piatti, panini e anche dolci. Una rosticceria che non si sente un ristorante, ma in cui i classici napoletani ci sono e, soprattutto, restano fedeli alla tradizione, seppure rivisitati quanto basta. Piccole gite fuori porta consentono l’ingresso del menù ad altri classici delle cucine regionali italiane. Ottima la mozzarella in carrozza con ketchup di peperone alla napoletana in agrodolce, così come il bon bon di salsiccia panata al panko con emulsione di friarielli e caciocavallo irpino. Tra i panini merita di essere menzionato il bun “Non chiamatelo Genovese” con cheesesteak di manzo, composta di cipolle in agrodolce e caciocavallo irpino.

Tra i primi cappellacci fatti a mano, ripieni di mousse di Pecorino romano, spuma di Parmigiano 30 mesi, pepi misti e tartufo nero di Bagnoli Irpino e ziti trafilati al bronzo con sugo alla Genovese e Parmigiano 30 mesi. Soltanto i dolci tendono ad abbandonare il classico e virano verso gusti da fast food, seppure con particolare attenzione al gusto e alla qualità, così ecco “Arachidi E Caramello”, ovvero un crumble al cacao, mousse di arachidi, caramello salato e arachidi pralinate e “RostiMisù”, brownies al cioccolato fondente con mousse di mascarpone e spuma di zabaione.

La genoveseLa genovese

Labbottega

Giovane ed ambizioso, a Matteo Del Cuoco la cucina di Rostì è stata subito stretta. Il desiderio di preparare ogni prodotto presente nel locale lo ha portato alla creazione de Labbottega.

Nata poco più di un mese fa è l’unione tra un laboratorio artigianale e una bottega gastronomica. Lì è stata trasferita la produzione della pasta impiegata nelle preparazioni di Rostì, a cui è stata affiancata la realizzazione di sughi pronti, confetture e altri prodotti sottovuoto che, insieme a una selezione di prodotti da forno, possono essere acquistati sia in loco che on line.     

 

Rostì

Via Alfa Romeo, 13/15 - Pomigliano d’Arco (NA)

https://rostipomigliano.it/ 

a cura di

Antonella Petitti

Giornalista, autrice e sommelier. Collabora con diverse testate, tra radio, web e carta stampata. Ama declinare la sua passione per il cibo e i viaggi senza dimenticare la sostenibilità. Sempre più “foodtrotter” è convinta che non v’è cibo senza territorio e viceversa.

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