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Antonio Gioco: l’autentico fil rouge dei 12 Apostoli

03/03/2023

Antonio Gioco: l’autentico fil rouge dei 12 Apostoli

Giancarlo Perbellini ha trovato casa ai 12 Apostoli di Verona. Questa è la notizia che è apparsa in questi giorni su tutte le testate di settore. Ne parleremo anche noi, non possiamo esimerci da una notizia che racconta di un grande chef e di un grande ristorante da cui è passata la storia di Verona, della cucina italiana e della cultura internazionale.

Ma anche di una persona, Antonio Gioco, che ha saputo tenere la barra dritta anche negli anni in cui i 12 Apostoli erano stati dimenticati dalle grandi guide, in silenzio, con determinazione e saggezza.

È lui il vero protagonista della storia, è lui quello che ha mantenuto quel filo che ha unito le due stelle Michelin del padre Giorgio alla ritrovata stella, nel 2019, del figlio Filippo. 

Ed è bello sentirlo raccontare quel pezzo di storia che ha visto la famiglia Gioco al completo portare nel mondo il nome di Verona e dei 12 Apostoli.

 

“Mio nonno Antonio faceva il cameriere alla Colomba d’Oro nel 1920 e, passando nel vicolo che ospitava già da quasi due secoli i 12 Apostoli, cullava un sogno impossibile: prendere in gestione quella taverna. Fu Arnoldo Mondadori, ospite fisso alla Colomba d’Oro, che raccolse la confidenza di mio nonno e se ne fece garante” racconta Antonio.

Gianni Brera e Giorgio GiocoGianni Brera e Giorgio Gioco

Dal 1920 a oggi ne sono successe di cose e non basta un articolo per descriverle tutte ma qualche piccolo aneddoto vale la pena raccontarlo, vero Antonio?

“Certo, ma prima di ogni altra cosa voglio dare un merito alle donne di casa Gioco, perché sono state loro le protagoniste vere della nostra cucina. Mia nonna Rosella che, negli anni di guerra, faceva da mangiare tutti i giorni per le truppe e mia madre Iole che, da donna che non aveva altro che una cultura di cucina di casa, ha condotto la cucina dei 12 Apostoli nel periodo delle due stelle Michelin. Mio padre Giorgio era in cucina ma per controllare che tutto filasse per il verso giusto, per sistemare gli eventuali piccoli disguidi, poi si concentrava sulla scrittura dei suoi libri e sul successo del ristorante”.

La sala del 12 ApostoliLa sala del 12 Apostoli

E poi c’eri tu…

“Io sono sempre stato in disparte, la figura di Giorgio era troppo importante. Facevo tutta la parte operativa del Premio Internazionale dei 12 Apostoli, mi occupavo di gestire le relazioni, ma senza mai apparire. La stagione di mio padre è stata straordinaria ma lui non ha voluto restare al passo con i tempi, con il cambiamento che coinvolgeva il mondo della ristorazione. E questo ha creato i problemi che conosciamo, la perdita delle stelle, mi sono ritrovato a gestire quella fase, a tener duro, a sostenere la voglia di mio figlio Filippo di rilanciare. Ci siamo riusciti, nel 2019 la stella è tornata a brillare sui 12 Apostoli. Poi il Covid…”

Antonio Gioco, Michele Serra e Claudio Bisio che ricevono il Premio Internazionale 12 ApostoliAntonio Gioco, Michele Serra e Claudio Bisio che ricevono il Premio Internazionale 12 Apostoli

Prima di parlare dell’oggi raccontami due aneddoti storici…
“Il primo riguarda mio nonno Antonio che, con Gabriele D’Annunzio, fece uno dei primi esperimenti di neuroscienza gastronomica, quando di quelle cose non esisteva neppure il termine. Lo abbiamo scoperto grazie a una corrispondenza tra il nonno e D’Annunzio conservata nell’archivio storico del Vittoriale. Ai 12 Apostoli D’Annunzio organizzò una cena con persone del mondo della cultura e disse a mio nonno di preparare pietanze eccellenti in piatti scuri e pietanze mediocri in piatti chiari per vedere le reazioni. Gli ospiti, tutti, privilegiarono le pietanze mediocri perché servite in piatti chiari. Poi ti potrei parlare di decine di aneddoti dei 35 anni del Premio 12 Apostoli, con Salvator Dalì, Ernest Hemingway, Ezra Pound, lo stesso Arnoldo Mondadori ma preferisco raccontarti di un mio viaggio in Giappone. Andai a Yokohama a trovare un ragazzo che aveva lavorato da noi, era bravissimo. Suo padre voleva aprire un palazzo dedicato alla ristorazione dove al primo piano ci sarebbe stata cucina italiana intestata ai 12 Apostoli e, al secondo piano, un ristorante giapponese. Al ritorno, in aereo, ebbi modo di parlare con un gruppo di ragazze che venivano in vacanza in Italia e mi fecero vedere la guida del loro viaggio: Roma, Firenze, Venezia e poi, mi dissero “C’è questa piccola città che non conosciamo, Verona”. Su quell’opuscolo c’erano raffigurati il balcone di Romeo e Giulietta e l’insegna dei 12 Apostoli. Provai un orgoglio incredibile, dissi loro che ero io il proprietario di quel ristorante. I 12 Apostoli era conosciuto nel mondo, ci pensi?”

Torniamo al periodo del Covid…
“Avevamo ottenuto la stella l’anno prima, grazie anche a Mauro Buffo, lo chef che affiancava il lavoro di mio figlio in sala. Eravamo tornati a far risplendere i 12 Apostoli. Poi il Covid ha cambiato ogni prospettiva. Lo chef ha voluto andarsene in cerca di altre esperienze e noi siamo una semplice famiglia, non possediamo la forza per far fronte agli investimenti che oggi servono per l’alta ristorazione. E poi non avevamo più voglia di essere nelle mani di persone esterne che da un momento all’altro possono cambiare idea. Però le cose non avvengono mai per caso. Mio figlio aveva fatto un lavoro meraviglioso ma ora non se la sentiva più di ricostruire tutto di nuovo e io con lui. È stata mia moglie che mi ha ricordato quando Giancarlo era venuto a bussare, anni addietro alla nostra porta. In quel tempo non c’erano le condizioni ma ora poteva essere una soluzione. Non credevo fosse possibile, Giancarlo stava aprendo a Milano al Trussardi Scala, aveva altri investimenti in essere. Ma siamo amici da anni, una telefonata non costava nulla. Ci siamo sentiti, è venuto a casa nostra e mi ha raccontato che qualche sera prima era passato davanti ai 12 Apostoli con sua moglie ricordando quando, nel 1984, aveva mosso qui i primi passi della sua carriera, l’affetto che lo legava a questo posto. Mio figlio Filippo gli ha fatto la domanda che io non osavo fargli e lui ha cominciato a prendere in seria considerazione la cosa. Altri incontri fino a pochi giorni fa quando mi ha detto che non poteva più tenere nascosta la cosa, aveva dato la disdetta a Casa Perbellini e tutti gli chiedevano cosa avrebbe fatto, se avesse lasciato definitivamente Verona. A quel punto abbiamo annunciato l’accordo”.

Un giovane Giancarlo Perbellini, al centro, tra Sandro Pertini e Giorgio GiocoUn giovane Giancarlo Perbellini, al centro, tra Sandro Pertini e Giorgio Gioco

Un accordo che ha dietro una storia di grande umanità prima ancora che di business…

“Hai ragione, c’è storia, amicizia, grande umanità. Giancarlo mi ha chiesto se può inserire nel suo menu una ricetta di mio padre chiedendomi il benestare. Va da sé…”

 

Si chiamerà ancora 12 Apostoli?

“Giancarlo moralmente lo vorrebbe. Ci tiene moltissimo ma le scelte, in questo periodo storico, sono condizionate dalla comunicazione e, quindi, deciderà lui per il meglio”.

 

E tuo figlio Filippo rimarrà?

“Anche in questo caso Giancarlo glielo ha chiesto ma sarà Filippo a decidere della sua vita, ieri ha compiuto 37 anni e gli ho regalato un pensiero: sarà la soluzione a trovare noi e non il contrario”.

 

Antonio Gioco è così. Per tutta la vita ha lavorato in silenzio, ha portato avanti i 12 Apostoli fino alla soluzione migliore di un secolo di storia. Brevissimo!

a cura di

Luigi Franchi

La passione per la ristorazione è avvenuta facendo il fotografo nei primi anni ’90. Lì conobbe ed ebbe la stima di Gino Veronelli, Franco Colombani e Antonio Santini. Quella stima lo ha accompagnato nel percorso per diventare giornalista e direttore di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione.
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