E se, pensando alla Barbera – rigorosamente al femminile – il pensiero va a immagini popolari, a un’osteria, piatti casalinghi e semplici, il nome Barolo richiama all’aristocrazia del vino.
Dove il Dolcetto viene, nell’immaginario comune, associato a un vinello da poco, erroneamente “dolce”, ecco che portare in tavola un Barbaresco attribuisce subito prestigio al desco.
Ebbene, oggi, questi preconcetti sono superati. Il lavoro intenso che i vignaioli piemontesi hanno svolto suggeriscono una qualità produttiva egregia e riscattano vini popolari come Barbera e Dolcetto da una fama ingrata.
La chiave di lettura è quello che si definisce “terroir”, termine abusato ma che rappresenta i concetti di unicità del territorio: il clima, il vitigno, la matrice geologica e quella umana. Valori imprescindibili che i vignaioli delle Langhe hanno saputo gestire e valorizzare.
Una delle chiavi di lettura la ritroviamo anche nella volontà di unirsi in una visione comune e partecipata dalla spiccata connotazione identitaria. È il caso del Consorzio Albeisa, 300 produttori circa, un unico intento: dare voce e interpretazione alle Langhe e ai suoi tesori.